La Camera penale vuole vederci chiaro sul caso dell’avvocato barese intercettato mentre parlava al telefono con una sua assistita. La trascrizione delle loro conversazioni è finita tra i documenti della chiusura di indagini, ed è proprio così che il penalista Nicolò Nono Dachille ha scoperto che il rapporto fiduciario fra lui e la cliente era diventato di dominio pubblico.
La questione, raccontata da L’Edicola del sud nell’edizione di ieri, è finita ora sul tavolo della Giunta barese della Camera penale. Il presidente, Guglielmo Starace, sollecitato anche da altri legali, non intende lasciar correre.
«Stiamo chiedendo di ricevere copia degli atti – spiega – per conoscere il caso e poi prenderemo una decisione». E commenta: «È una cosa molto grave, non mi risulta sia successa anche ad altri, mi auguro di no – precisa – Quando è successo qualcosa di simile, abbiamo subito fatto rimuovere le parti di conversazioni irrilevanti, ma questo caso è particolare perché la trascrizione delle telefonate non è contenuta in un’ordinanza di custodia cautelare, ma è emersa dall’analisi degli atti, quindi stiamo molto attenti, il caso sarà analizzato».
La verifica della documentazione incriminata servirà a esaminare con cura tutte le annotazioni fatte dalla polizia giudiziaria. E se la violazione appare evidente, la Camera penale vuole procedere con cautela: «Ci occupiamo di tutte le violazioni – dice Guglielmo Starace – ma prima di prendere una posizione ufficiale vogliamo vedere gli atti».
Il singolare caso è venuto alla luce quando l’avvocato Nono Dachille ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini di un’inchiesta della Procura di Bari su un traffico di prodotti contraffatti, importati dalla Cina e venduti, secondo l’accusa, da un’azienda con sede al Baricentro di Casamassima. Una delle 22 persone indagate (la posizione di 12, però, è ancora omissata) è appunto assistita dall’avvocato Dachille.
Quello che si dicono in due telefonate ravvicinate, il 15 febbraio 2017, attiene esclusivamente ad una ispezione della guardia di finanza che la donna aveva appena ricevuto e al conseguente sequestro di 2.776 scarpe contraffatte, con marchi vari. Lei gli racconta “la visita”, lui la rassicura, le dice che molto probabilmente torneranno con un interprete e le chiede se hanno lasciato copia del verbale. Infine la invita a scattare una foto del foglio che hanno apposto sulla merce sequestrata e di inviarla con WhatsApp.
In definitiva, dunque, si tratterebbe di telefonate che per il codice di procedura penale non sono né intercettabili né tantomeno utilizzabili.