L’aggravante mafiosa blocca il processo sul presunto voto di scambio a Valenzano

L’aggravante mafiosa, assorbita nel reato di voto di scambio politico mafioso, contestato ad alcuni dei 19 imputati nel processo in corso a Bari, impone per legge che ad occuparsene siano tre giudici togati.

Per questo motivo, l’udienza di ieri pomeriggio è stata rinviata al prossimo 20 dicembre, per consentire al tribunale di integrare il collegio giudicante con un terzo togato.

La vicenda è quella nella quale sono coinvolte 19 persone, tra le quali l’ex consigliera comunale barese Francesca Ferri, il suo compagno Filippo Dentamaro, e l’ex consigliere regionale Nicola Canonico, relativa alle elezioni del 2019 a Bari e Valenzano.

L’udienza di ieri era particolarmente attesa per sciogliere il nodo intercettazioni, che per molti avvocati della difesa non sarebbero utilizzabili. Sono quelle telefoniche, ai fini di prova dei “reati sotto soglia” (quelli che prevedono una condanna inferiore ai 5 anni).

Se, per i difensori dei 19 imputati non lo sono, per il sostituto procuratore Michele Ruggiero (che sostiene l’accusa assieme al collega Fabio Buquicchio) le cose stanno diversamente. La Procura ha rivendicato “legittima e piena utilizzabilità delle captazioni a fini di prova del reato (associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale), non solo nei confronti di capi e promotori ma anche dei partecipi del sodalizio criminoso”.

Il motivo? Quando si dispongono le intercettazioni non si conoscono, a priori, i ruoli dei partecipanti.

Ed era stata proprio il difensore di Canonico, per cominciare, a chiederne l’inutilizzabilità “perché disposte per un reato diverso” da quello contestato nel procedimento, e cioè lo scambio elettorale politico mafioso a Valenzano, nel quale Canonico non risulta coinvolto. Ma non solo: inutilizzabili, e qui si erano associati anche tutti gli altri avvocati, perché non sono applicabili per i reati sotto soglia.

D’accordo si era inizialmente dichiarato il pm Michele Ruggiero in udienza, ma 24 ore dopo aveva cambiato idea. “Rettifico la posizione del pm – si leggeva in una lettera ai legali – con riguardo al tema dell’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, aderendo all’invito del presidente (ndr, della prima sezione penale, Antonio Diella) ad un’articolazione scritta delle osservazioni delle parti”.

La prossima settimana, allora sarà sciolto il nodo intercettazioni, e di fatto, il processo prenderà una piega risolutiva.

Se, infatti, le intercettazioni telefoniche, che costituiscono una grossa parte delle indagini non dovessero essere ritenute utilizzabili dal collegio giudicante, si sgretolerebbe una parte importante dell’impianto accusatorio. In caso contrario, invece, si riaprirà concretamente il dibattimento.

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