Il lavoro nero? Sport molto praticato in Italia, ma questa volta a essere condannato non è il solito imprenditore che sfrutta le risorse umane per aumentare i suoi guadagni. Condannati per aver sfruttato uno studente universitario, inquadrato contrattualmente come co.co.co. e a partita iva per 1.200 euro lordi al mese, ma per il giudice del Lavoro di Lecce era a tutti gli effetti un lavoratore parasubordinato, sono il Pd provinciale di Lecce e Teresa Bellanova, vice ministra alle Infrastrutture e Mobilità sostenibili nonché ex sindacalista. La pronuncia della sezione Lavoro della Corte di appello di Lecce, ribalta la sentenza di primo grado e risale al giugno scorso. Salta fuori solo ora perché depositata lunedì scorso nell’ambito del processo per diffamazione che la Bellanova ha intentato contro Maurizio Pascali (il co.co.co) e i tre giornalisti che hanno raccontato la vicenda: Mari Tota per il Fatto Quotidiano, Francesca Pizzolante per Il Tempo e Danilo Lupo per La7 (allora inviato di La Gabbia). Un processo, quest’ultimo, in corso da circa 4 anni dopo una denuncia presentata dalla Bellanova nel 2014. I tre giornalisti sono assistiti dall’avvocato Roberto Sisto. La condanna in appello rileva che Pascali, dal 2010 al 2013, era di fatto un dipendente del partito, con un “rapporto di lavoro subordinato”. Per questo la sezione lavoro della Corte di appello di Lecce ha condannato Pd e Bellanova a pagare a Maurizio Pascali oltre 50mila euro, di cui 6.700 in solido con la viceministra Bellanova e a pagare le spese di giudizio, quantificate in altri 18mila euro. Peraltro Pascali non è neppure iscritto all’Ordine dei giornalisti tant’é che aveva chiesto di essere liquidato in base l contratto giornalistico, ma non essendo iscritto è stato liquidato secondo il contratto dei servizi.
«L’attività di Pascali era meramente esecutiva delle richieste degli esponenti del Pd, rispetto ai quali si poneva come interfaccia – scrivono i giudici – con gli organi di stampa locale, anche monitorando e segnalando la pubblicazione di interventi di soggetti di diverso orientamento politico ai quali il Pd potesse replicare». E poi, l’allora studente «oltre a interessarsi della comunicazione del Pd provinciale, fu direttamente chiamato dall’onorevole Bellanova per integrare il suo personale staff in vista delle elezioni nazionali indette per quell’anno», si spiega nella sentenza di appello.