Gravemente malata e a breve senza un tetto. È di 72 ore la scadenza che separa Lucia (ndr, il nome è di fantasia per tutelarne la privacy) dalle sue ultime certezze: martedì 4 luglio dovrà lasciare la villa nella quale abita, alle porte di Bari, perché sfrattata dal suo ex marito.
Una decisione sicuramente corretta in termini di legge ma che si tira dietro una importante scia di dolore. Lei ha 58 anni e una diagnosi di sclerosi multipla a placche, dal 2005. Invalida al 100 per cento, divide la sua giornata tra letto e (per poche ore) sedia a rotella. Vive, per concessione del suo ex marito, nella villa da lui ereditata.
Ci stavano insieme, dal 2010 in quella villa dove sono cresciuti anche i loro figli. Sposati nel 1995, si sono separati nel 2014. «Lui mi aveva rassicurata – dice Lucia – Diceva che mi avrebbe dato gli alimenti, pagato le spese, ma non ha mantenuto le sue parole. Negli ultimi anni si è sposato, ha avuto altri bambini».
Due anni fa il primo annuncio di sfratto, «la prima volta mi fece capire che avrebbe comprato lui casa». Lei ha temporeggiato, «non sapevo che fare, mi ero illusa che avrebbe compreso, mentre comunque continuava a non versarmi gli alimenti».
Con una disabilità al 100 per cento, da mesi tenta di trovare casa in affitto, ma viene bloccata dalle barriere architettoniche e dalle riserve dei proprietari sul suo stato di salute: «Non me l’hanno voluta dare per la mia disabilità – le trema la voce – Ci hanno girato intorno con tante scuse, poi me l’hanno fatto capire chiaramente. Non posso avere un mutuo né nulla, ho messo in vendita casa di mia madre, ma solo 15 giorni fa ho trovato una persona che se la compra».
Ma tempo non ce n’è più: «Sta accendendo un mutuo, oggi è andato il perito della banca per vedere le condizioni, stanno andando avanti, è solo una questione di tempo. Lui, il mio ex marito ha ragione – dice – ma io sto cercando di risolvere il problema. Avanzo dei soldi da lui, avrei avuto più facilità, oggi non posso comprare se non vendo, chiedo solo un po’ di comprensione, non è semplice».
Nel frattempo ha cominciato a impacchettare tutte le sue cose, «inizio anche a non respirare bene, sono asmatica e allergica, lo faccio per buona fede ma non so dove andare, finirò per strada», si interrompe piangendo. Un gruppo di amici le sta accanto e una di loro si è offerta di ospitarla per qualche giorno, ma anche questo ha un termine: «Chiedo solo qualche altro mese, arriveranno i soldi, la nuova casa da comprare l’ho già individuata. Vado al notaio, per favore, solo un attimo di pazienza».
Lucia piange e chi le sta accanto ha difficoltà a trovare altre parole che abbiano la stessa valenza dei fatti precipitati su di lei. Martedì, il giorno dello sfratto, il giorno che deve lasciare le sue ultime certezze, non sarà sola perché i suoi amici le saranno accanto in una sorta di presidio di umanità. Lei ha smesso di sperare, mentre la sabbia nella clessidra le toglie anche l’aria.