Il presidente del tribunale di Bari, Pappalardo, sul ddl giustizia: «Principi giusti, ma senza risorse»

«Ancora una volta vengono enunciati principi assolutamente condivisibili, ma non vengono date le risorse per metterli in pratica, con pesanti ricadute sull’efficienza degli uffici».

Non entra nel merito della riforma sulla giustizia, il presidente del tribunale di Bari, Alfonso Orazio Pappalardo. È nel suo ufficio di piazza De Nicola, appena terminata una riunione operativa. Non ne commenta i principi ispiratori, ma non nasconde le sue perplessità sull’applicabilità della norma, e in particolare nella parte in cui si passa da un gip a un collegio di giudici per la redazione di una misura cautelare.

«Questo creerà, negli uffici medio-piccoli, problemi rilevantissimi di incompatibilità, perché poi chi lavora alla misura cautelare non potrà in seguito essere incaricato della successiva fase dibattimentale nel processo. E questo, ripeto, soprattutto negli uffici piccoli, rende molto difficile l’applicazione della norma, in astratto condivisibile».

Strettamente connesso alla questione dell’incompatibilità c’è quella della carenza di magistrati, solo in parte colmata nell’ufficio barese. «La pianta organica, già in astratto è del tutto insufficiente per i carichi di lavoro che abbiamo, soprattutto al penale per i lasciti del Covid e per il blocco delle udienze legato all’emergenza edilizia. Attualmente la percentuale di scopertura – spiega Pappalardo – è del 17 per cento, al lordo di aspettative e congedi. I magistrati in servizio al tribunale dovrebbero essere in tutto 97, ora sono 83-84, ma alcuni di loro hanno esoneri per maternità. La sezione gip-gup ora è stata potenziata con l’arrivo di tre nuovi magistrati, il numero a pieno regime è di 16, ce ne sono in servizio 14-15. Ma è stata volutamente potenziata – chiarisce – perché l’ufficio in gran parte si occupa della criminalità organizzata foggiana di tipo mafioso, è veramente in sofferenza perché deve decidere su misure cautelari e processi del distretto, anche del circondario foggiano, per reati di mafia».

E non conforta la promessa di 250 nuovi magistrati, come dotazione per gli uffici di tutta Italia. Per il presidente del tribunale sono insufficienti, visto che si calcola una scopertura, nella pianta organica del Paese, di 1.500 persone.

Quello che non funziona è alla base, e cioè nel sistema dei concorsi in magistratura: «Il meccanismo è lungo e farraginoso, si è intervenuti con norme che velocizzano i concorsi, ma forse bisognerebbe pensare a cambiare le modalità di accesso alla magistratura. Il concorso – dice – sta diventando sempre più una selezione durissima basata su un sapere tecnico e giuridico, con tempi di tirocinio ristretti al minimo, ma il nostro mestiere è più “saper fare” che “sapere e basta”.

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