«Modalità assai allarmanti del comportamento, che denotano una spiccata propensione a porre in essere condotte dal grave disvalore penale, soprattutto considerando le funzioni svolte».
È su questo punto riportato dal gip del tribunale di Potenza, Salvatore Pignata, niente affatto marginale, su quelle funzioni a tutela della legalità, che per la Procura lucana il giudice Piero Errede, fino a poco tempo fa in servizio alla sezione Fallimentare – Esecuzioni Immobiliari, nonché Misure di Prevenzione del Tribunale di Lecce, e il suo entourage di professionisti salentini avrebbero tradito, che cala la maschera di un sistema malato.
Lo evidenzia il gip Pignata, sia pure ridimensionando l’impianto accusatorio ben esplicitato nella richiesta di misura cautelare dal procuratore di Potenza, Francesco Curcio. Alcuni degli episodi ricostruiti con le indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Lecce, non sono stati contestati nella misura cautelare che da ieri ha ristretto agli arresti domiciliari lo stesso Errede, il suo compagno, avvocato Alberto Russi, e i commercialisti Massimo Bellantone, Marcello Paglialunga ed Emanuele Liaci. Altre 5 persone sono indagate.
«Il gip di Potenza in relazione ad alcuni episodi di corruzione in atti giudiziari e tentata concussione contestati, ha motivatamente ritenuto, per ragioni di carattere giuridico o probatorio, di non condividere l’impostazione accusatoria – tiene a precisare Curcio, e annuncia – Tale decisione viene doverosamente rispettata ed è dimostrativa, ancora una volta, della terzietà del giudice. Per tali aspetti, tuttavia, la stessa sta per essere impugnata».
E le indagini, partite nel settembre del 2021 e basate sull’ascolto di testimoni e parti offese, intercettazioni, sequestro di documenti e approfondimenti su tabulati telefonici, messaggi e atti giudiziari, hanno svelato «Un uso strumentale dell’attività giudiziaria utilizzata per procacciare utilità personali non solo al magistrato (vacanze, preziosi, feste) ma anche ai professionisti che ruotavano intorno a lui, che beneficiavano degli incarichi dati dal magistrato e che per questo lo ricambiavano».
Un viaggio in barca a vela in Grecia, un raro Rolex Daytona, un bracciale tennis da 12 mila euro, poi favori tra professionisti e giudici, in una sorta di montagna russa, al centro del luna park dove sarebbero stati in tanti a divertirsi. Dove le procedure fallimentari venivano spartite, curatori e amministratori nominati selezionandoli nel cerchio magico, e tutti gli altri messi nell’angolo.
Non tutti gli episodi corruttivi sono confluiti nella misura cautelare del gip, ma sono definiti nelle migliaia di pagine redatte dalla guardia di finanza, nelle quali inciampa anche un altro magistrato, al quale il gip dedica 16 pagine di ordinanza ma che non ha ritenuto di sottoporre a misura: il presidente della sezione fallimentare, Alessandro Silvestrini.
Per l’accusa, il giudice avrebbe affidato o autorizzato numerosi incarichi in favore del commercialista Bellantone, con il quale ci sarebbero stati consolidati rapporti di amicizia, in cambio di sponsorizzazione presso i membri laici del Consiglio superiore della magistratura per la nomina a presidente del tribunale di Lecce.
Per il gip, quegli incarichi sarebbero frutto solo della grande amicizia, ma non ignora l’intervento fatto dal commercialista con esponenti politici. Ma non solo: Bellantone avrebbe chiesto a un suo cliente, esponente politico vicino a Forza Italia, di avvicinare componenti del Csm di nomina parlamentare proposti da FI, Michele Cerabona e Alessio Lanzi, perché sostenessero la nomina di Silvestrini.