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Cronaca

Il giallo insoluto di Carrozza, “sistemato” dopo la morte

La causa della morte non è certa. Questo il puntello dell’esposto-querela che ormai quasi due anni fa fu presentato dal legale della famiglia del defunto Luigi Carrozza, alla procura di Lecce, con allegata la consulenza tecnica di parte della criminologa Isabel Bruna Teresa Martina.

Troppe cose che non tornano disse e dice la famiglia, ma intanto l’indagine è appesa da due anni in una successione di proroghe con tanto di atti secretati. Eppure, nonostante sia stata effettuata la prova del dna su una traccia biologica (due labbra violacee) stampigliata sulla maglietta interna che indossa Carrozza al momento del ritrovamento del corpo, non è mai stato effettuato l’esame autoptico per accertare le cause della morte in prima battuta classificata “per cause naturali”.
Un esito che nelle ore concitate del ritrovamento fu auspicato con forza dalla famiglia che, per le circostanze del ritrovamento, non aveva piacere che si sollevasse un polverone. E se dalla parte della famiglia è comprensibile, rimane il fatto che i carabinieri intervenuti e la pm di turno, Paola Guglielmi, avallarono la tesi del malore durante un incontro passionale e chiusero la questione. Quindi niente scientifica, la scena del presunto crimine contaminata e un’autopsia che pur richiesta dal legale della famiglia, Lucio Calabrese, all’atto della denuncia non è mai stata effettuata.
Ad oggi, dunque, sulle cause della morte solo l’ipotesi della procura del malore, ma non è stato accertato se avesse assunto stimolanti o eccitanti e men che meno se a toglierti la vita è stato un episodio fulminante o se c’è stata un’agonia che ha preceduto l’ultimo respiro.
Tutti interrogativi contenuti sia nell’esposto-querela che nella consulenza della criminologa e a cui sinora nessuno ha dato risposte.
Chi era in compagnia di Carrozza e per quale ragione gli amici che lo attendevano, come ogni giovedì, per la consueta cena goliardica non si sono preoccupati di capire per quale ragione non si era presentato nel locale del solito ritrovo?
Quel che è certo, stando ai fatti denunciati, è che alle 17.05 del 23 gennaio 2020 il telefono di Carrozza fu spento. A mezzanotte la moglie e i figli, preoccupati per il mancato rientro, decisero di telefonare agli amici che dovevano passare la serata con lui.
Innanzitutto si rivolsero al proprietario di una casa isolata che si trova alla periferia di Gallipoli (dove poi fu ritrovato il corpo) e che era amico stretto di Carrozza. Non ricevendo informazioni utili contattarono altri due amici, uno dei quali noto politico gallipolino anche lui amico di vecchia data del Carrozza e presente in quella cena dove c’era un convitato di pietra.
Tutti e tre dissero di non aver incontrato Carrozza quella sera, ma che avrebbero cercato di capire dove stesse. Dopo circa trenta minuti, il figlio di Carrozza richiamò il proprietario dell’appartamento, ma al suo posto rispose il politico gallipolino che invitò il ragazzo a raggiungerli nella casa perché «si era verificata una cosa grave». E infatti Carrozza era cadavere, in slip e maglietta con “timbro” a forma di labbra disteso per terra con due cuscini sotto la testa e le mani incrociate sul petto. Che un cadavere possa “sistemarsi” è cosa su cui è inutile ironizzare. E poi, visto che le chiavi dell’appartamento erano rimaste chiuse nell’auto di Carrozza, chi lo ha fatto entrare?
Certamente sotto choc i figli avranno pensato a proteggere la madre dai pettegolezzi e da qui l’insistenza per il rilascio della salma, peccato che chi doveva accertare i fatti si sia lasciato condizionare dal contesto giungendo a conclusioni frettolose e senza chiedersi se, ad esempio, ci sia stata un’omissione di soccorso al momento del malore.
Sta di fatto che le labbra impresse sulla maglietta sono rimaste senza un nome e un cognome. Il 118, chiamato dopo il ritrovamento accertava la morte dell’uomo refertando un arresto cardiocircolatorio che mise fine alla questione.
Il corpo fu restituito alla famiglia, il giorno dopo si celebrò il rito funebre, ma il tarlo che qualcuno avesse abbandonato Carrozza agonizzante, magari tornando in un secondo momento quando, ripresa lucidità, si fosse resa conto della necessità di cancellare tracce della sua presenza, cominciò a lavorare nella famiglia.
La casa era perfettamente in ordine, al momento del ritrovamento, e se non fosse stato per l’abbigliamento inconsueto dell’uomo e per la presenza sul comodino di un rotolo di carta voluminoso, nulla avrebbe fatto pensare che lì si fosse svolta una qualsivoglia attività.
Eppure. Una volta rientrati in possesso del cellulare del Carrozza la famiglia nota una telefonata fatta poco prima delle 17 e durata pochissimo, come quando si fa uno squillo per indicare il via libera, ad esempio. L’utenza era registrata sotto un generico nome maschile, ma dalle chat si evinceva un tono molto personale.
E poi. L’utenza in questione apparteneva a una parente del Carrozza e quindi era alquanto sospetta l’esigenza di camuffare a chi appartenesse. Se non un giallo, cosa è?

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