Una latta di benzina, da lei stessa comprata la mattina stessa di quel maledetto giorno, e poi la ferita da punta e taglio al torace, sul lato destro del petto, il coltello trovato sul luogo. Elementi che si mescolano e si scontrano, per poi posarsi sul tappeto dell’inchiesta per la morte di Michelle Baldassarre, 55 anni e una vita difficile.
Il suo corpo è stato trovato semicarbonizzato la sera del 9 febbraio nelle campagne di Santeramo, nello stesso punto che il suo telefonino aveva comunicato, con la geolocalizzazione, ai suoi familiari più o meno all’ora della morte. È sulla sua morte che si concentrano le indagini dei carabinieri di Altamura, coordinati dal pm del tribunale di Bari, Baldo Pisani.
Istigazione al suicidio è il “titolo” del fascicolo, il capo d’imputazione per cui procede la Procura. E per saperne di più, per trovare il bandolo di una matassa che intreccia gli elementi conflittuali, il sostituto procuratore ha disposto l’autopsia sul cadavere, eseguita ieri dal professor Francesco Vinci dell’Istituto di Medicina legale di Bari. Con lui il collega, tossicologo, Roberto Gagliano Candela.
Toccherà a quest’ultimo lavorare sui campioni prelevati per le indagini tossicologiche e istologiche. Accertamenti fondamentali, innanzitutto per capire la vitalità delle lesioni e il tasso del monossido di carbonio, e di conseguenza definire se la donna era ancora viva durante l’incendio. Non basterà, in sostanza, l’esame autoptico per sciogliere la riserva su quale sia stata la mano assassina.
Omicidio o suicidio (e dunque istigazione a farlo)? È arrivata da sola in campagna, e con quale mezzo? Il messaggio con la sua posizione era una richiesta di aiuto o un’indicazione per ritrovare, ormai tardivamente, i suoi resti? Il flacone di benzina e il coltello, ritrovati con lei, chi li ha portati?
Bisogna partire da qualche tempo fa, forse, per chiarire i contorni di una vicenda che, con il passare dei giorni, assume sempre più l’aspetto del giallo. E bisogna farlo a ritroso. Michelle, bella e solare, mamma di due figlie, fino a qualche settimana fa aveva trovato ospitalità in una casa rifugio della provincia.
Un posto dove si era sentita al sicuro, dopo aver denunciato per maltrattamenti suo marito, un commercialista del luogo. In osservanza alle prescrizioni del codice rosso, le indagini coordinate dalla pm Silvia Curione erano state rapide e nel giro di pochi giorni, l’uomo era stato arrestato (ai domiciliari), con il permesso di uscire di casa quattro ore la mattina e quattro il pomeriggio.
L’uomo aveva eletto domicilio presso l’abitazione di un suo amico e lei era tornata a casa. La denuncia che inizialmente aveva illustrato fatti a partire da ottobre 2022, si era nel tempo arricchita di violenze psicologiche e fisiche, di umiliazioni e vessazioni che risalivano a tempi più vecchi. Ma la detenzione di suo marito l’aveva indotta, almeno apparentemente a riprendere le sue abitudini quotidiane, lavorando nello studio dentistico di suo fratello e aggirandosi per il paese.
Fino al 9 febbraio, quando qualcuno l’ha vista fare la spesa e qualcun altro, invece, acquistare una tanica di benzina. Alcune ore più tardi, sul cellulare dei suoi familiari, lo strano messaggio whatsapp con le indicazioni di un punto nelle campagne circostanti. Lo stesso punto dove lei, ferita al petto e bruciata dalle fiamme, è stata poi ritrovata da un passante, dietro un muretto a secco. Sul posto, i carabinieri e la polizia scientifica arrivati subito dopo, hanno ritrovato sia il coltello che la tanica.
Il dubbio terribile che lo abbia fatto da sola, con una determinazione disperata, e la voglia di verità.