Il boss garganico Raduano nel carcere di Matteo Messina Denaro: in regime di 41 bis a L’Aquila

Terminato il tour di Marco Raduano, dopo la fuga, di un anno fa, dal carcere nuorese di Badu ‘e Carros, la cattura in Corsica, “Pallone” è tornato in Italia, finendo per essere di nuovo ospite delle patrie galere, questa volta nel supercarcere di “Costarelle” all’Aquila, a fare compagnia agli attuali 159 detenuti, dodici sono donne, visto che il penitenziario abruzzese è l’unico a contemplare una specifica sezione femminile per il 41 bis.

Per il boss della mafia garganica che torna in carcere, c’è il suo braccio destro, Gianluigi Troiano, anche lui scappato all’estero e catturato in Spagna, che tenta di evitare l’estradizione in Italia, tanto d’aver dato mandato a un avvocato del posto per tutelare la sua posizione e, se non per evitare, quantomeno per allungare i tempi del suo ritorno tra le patrie galere che, probabilmente, non saranno le stesse del suo capo clan Raduano, ristretto all’Aquila nello stesso penitenziario che aveva dato “ospitalità” a Matteo Messina Denaro, ma anche a tanti altri esponenti di primo piano della mafia e della criminalità organizzata.

Su forte spinta del socialista Domenico Susi, più volte sottosegretario, il carcere dell’Aquila fu ultimato nel 1986 per entrare in funzione nel 1993, ma solo qualche anno dopo divenne “punto di riferimento” per detenuti sottoposti “a particolari regimi di alta sicurezza che alloggiano in celle singole”. Regimi così rigidi che all’inizio del Terzo Millennio furono gli stessi agenti della polizia penitenziaria a scioperare per le rigidi condizioni di lavoro interno e per l’adeguamento degli organici.

Il carcere aquilano si conquistò anche un’altra fama, quella di struttura sicura e solida, visto che non subì danni dal terremoto del 2009.

“Pallone” condividerà lo stesso penitenziario con la brigatista Nadia Desdemona Lioce, foggiana di nascita, arrestata il 2 marzo 2003 dopo uno scontro a fuoco sul treno regionale Roma-Firenze nel quale morì un agente di polizia. La terrorista è anche accusata di aver partecipato, con le Nuove Brigate Rosse, all’omicidio del del consulente del Ministero del Lavoro Massimo D’Antona, avvenuto a Roma il 20 maggio del 1999 e all’assassinio del giusvalorista Marco Biagi, avvenuto a Bologna con sei colpi di pistola, la sera del 19 marzo 2002.

Ma nel carcere aquilano sono stati ospitati detenuti “eccellenti” condannati per reati di mafia, tra questi Leoluca Bagarella – condannato all’ergastolo per strage – e Raffaele Cutolo leader della Nuova Camorra Organizzata, senza dimenticare la presenza di Francesco Schiavone, alias detto Sandokan, esponente del clan dei Casalesi e Felice Maniero, più noto come “Faccia d’angelo”, esponente della cosiddetta Mala del Brenta, poi in semilibertà, tanto da gestire un negozio in pieno centro nella città abruzzese. Nel penitenziario delle “Costarelle” ha fatto tappa anche Totò Riina prima di “cedere” il posto al suo erede Matteo Messina Denaro, trasferito nel capoluogo abruzzese dopo la sua cattura da parte dei Ros, gli stessi che hanno contribuito a mettere le manette ai polsi del latitante Marco Raduano.

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