Corridoi stretti, fascicoli ovunque, aule piccole e spesso inadeguate. Ma anche pareti lesionate, soffitti pericolanti, archivi nei bagni e sottoscala adibiti a discariche. A Bari la precarietà dell’edilizia giudiziaria non è più solo un’emergenza, ma un’abitudine, come conferma all’Edicola del Sud Angelo Salerno, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Bari: «Non parliamo più di un allarme, ma di una condizione in cui viviamo ogni giorno. Purtroppo tutto questo sta diventando normalità: non ci sono uffici che non abbiano questo tipo di problemi. In questi anni – aggiunge Salerno – abbiamo lanciato tanti allarmi e ora siamo quasi arrivati alla rassegnazione».
Ma la preoccupazione non è solo barese. Secondo l’ultimo dossier della VII Commissione permanente dell’Anm, infatti, in Italia più di un giudice su cinque tiene udienza nel proprio ufficio perché non ha a disposizione un’aula e «nel 25% de casi le dimensioni delle stanze dove si svolgono le udienze non consentirebbero di mantenere la distanza interpersonale». Tale situazione pare tuttavia essere meno frequente nel capoluogo pugliese, come spiega lo stesso Salerno: «In ambito civile è una cosa sporadica. Certo, le aule sono spesso anguste e non grandi quanto si vorrebbe, ma non ci risulta che le udienze vengano celebrate negli uffici. Nel penale, alle volte, accade, soprattutto per gli interrogatori di garanzia o le camere di consiglio, di doversi attrezzare in stanza perché non ci sono abbastanza aule. Ma le udienze sono pubbliche e vengono celebrate in aula, come previsto dalla legge». Ad esempio nell’ufficio del gip del Tribunale di Bari c’è una sola stanza per gli interrogatori di garanzia, a fronte dei 13 magistrati in servizio: «Accade spesso che siamo costretti ad allestire delle postazioni di fortuna nelle nostre stanze e a farci entrare avvocati e pubblici ministeri per poter svolgere l’interrogatorio» racconta Salerno, che aggiunge: «Questo crea non pochi disagi, causati anche dal fatto di doversi alternare e dover fissare degli orari per poter procedere all’udienza. Abbiamo poi passato un momento molto difficile dopo la dichiarazione di inagibilità della struttura di via Nazariantz, quando i colleghi del riesame furono costretti a collocarsi al piano terra della Corte d’Appello e il dipartimento fu trasferito in altre sedi».
Nel report dell’Associazione, inoltre, viene affrontata anche la condizione più generale in cui versano i palazzi di giustizia, e il Tribunale di Bari (come dimostra il dossier fotografico prodotto dall’associazione magistrati sull’edilizia giudiziaria) non se la passa meglio di altri. «Viviamo in una situazione sicuramente migliore rispetto a quanto accaduto nel 2018, quando celebravamo le udienze nelle tende, a giugno, con trenta gradi– racconta il presidente dell’Anm -, ma ancora non si trova un’adeguata sistemazione perché non vengono tuttora garantiti spazi idonei al personale amministrativo, ai magistrati e all’utenza. Le parti sono costrette a stare in corridoi stretti e in attesa dei processi, i magistrati devono dividersi la stanza (che può diventare un problema quando si occupano di indagini delicate), non c’è lo spazio per gli stagisti o gli ufficiali del processo, le aule spesso non sono adeguate, mancano accessi riservati e le uscite d’emergenza. Si tratta di una situazione che richiederebbe un intervento strutturale annunciato ma non ancora realizzato né tantomeno avviato», aggiunge Salerno.
L’ambito penale è quello che di recente ha avuto i problemi più seri, sia per l’assenza di spazi adeguati che per l’insufficienza delle strutture, oltre che per le criticità strutturali ravvisate, ad esempio, nel palazzo della Corte d’Appello. Ma il grave problema dell’edilizia giudiziaria a Bari riguarda anche il settore civile. E tutto questo, insieme alla carenza di personale amministrativo, incide sulla durata dei processi e inevitabilmente rallenta le attività di giustizia. Una possibile soluzione a tutto questo potrebbe essere la tanto attesa Cittadella della Giustizia, se questa «fosse realizzata in tempi ragionevoli e in modo tale da poter accogliere adeguatamente le varie parti» dice Salerno, che aggiunge: «Siamo ottimisti e speriamo in una soluzione del genere, ma soprattutto che ci sia una data di inizio lavori a breve. Purtroppo è parecchio tempo che se ne parla». Anche se si facesse altrove? «Non chiediamo un posto in particolare, ma solo una sede dignitosa dove poter lavorare e offrire un servizio ai cittadini».
Per non parlare delle speranze sull’utilizzo della seconda Torre Telecom da adeguare per il tribunale penale: «Le aspettative erano quelle di poterla utilizzare in tempi molto più stretti. Allo stato attuale non si è in grado di stabilire quando saranno ultimati i lavori di adeguamento e quando saranno effettivamente trasferiti gli uffici. E questo prolunga la situazione di disagio che viviamo ogni giorno. I colleghi la aspettavano per questo settembre, ma a quanto pare dovremmo aspettare il prossimo. Nel frattempo – conclude Salerno – le criticità dei palazzi crescono e il procedimento per la Cittadella della Giustizia riguarda solo il primo lotto e nessuno sa quando partirà».