I malati ingannati e truffati con cure “miracolose”: «Nemmeno più i soldi per il funerale»

«La moglie e i figli di Ottavio per pagare la terapia del dottor Rizzi erano rimasti praticamente senza denaro, tanto da non poter neppure sostenere le spese del suo funerale». Il racconto del crudele inganno di cui sono stati vittime un malato di tumore e la sua famiglia, arriva da una loro parente, una cugina che in pochi mesi aveva prestato loro 43 mila euro, solo una parte di quei 127 mila incassati da Rizzi. Ed è contenuto nelle 186 pagine di motivazioni alla sentenza con cui il 25 ottobre scorso Giuseppe Rizzi è stato condannato a 9 anni di reclusione, mentre la sua compagna e complice nel disegno, Maria Antonietta Sancipriani, a 5 anni e mezzo. L’ex dirigente medico dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, è accusato di concussione per aver raggirato 16 pazienti terminali.

Il professionista, che fu subito licenziato per motivi disciplinari dall’Oncologico, secondo il pm Marcello Quercia si è fatto pagare fino 7 mila euro per ogni iniezione di un farmaco che diceva “miracoloso”, dando così ai malati false speranze di guarigione e costringendoli a pagare centinaia di migliaia di euro (oltre 2,5 milioni in totale in dieci anni) per prestazioni sanitarie alle quali i pazienti avevano diritto gratuitamente.

Al suo fianco, in molti casi, l’avvocata Maria Antonietta Sancipriani, che gestiva un Caf nel centro di Bari, adibito all’occorrenza abusivamente ad ambulatorio medico, tanto da avere una stanza con lettino.

Nell’abitazione di Rizzi furono trovati e sequestrati circa 2 milioni di euro, in banconote di diverso taglio, custodite in una busta di carta, con l’indicazione di nomi di pazienti, cifre e indicazioni sui cicli della terapia.

Nelle motivazioni alla sentenza di primo grado, il gup Francesco Vittorio Rinaldi ripercorre il calvario di alcuni dei pazienti di Rizzi, raccontando tramite le denunce dei familiari, la via crucis e le aspettative di guarigione, alimentate dall’oncologo in cambio di denaro. L’incalzare delle promesse e, in parallelo, delle somministrazioni del farmaco miracoloso e costoso, del quale bombardava le vittime: «È stringata la terapia, se consideriamo che la bestia bombarda, bombarda …non sta a guardare noi, nel momento in cui risichiamo a fare questo tipo di terapia, non è che immediatamente abbiamo risolto il problema… Ci siamo messi a ballare e ci siamo messi dei presupposti da portare avanti, cioè quello che lei deve ritornare a vivere … allora io mi do’ da fare. E allora io domani mattina un’altra somministrazione gliela farei, dobbiamo spenderci al massimo … non so se avete capito … Io se fosse mio padre l’avrei fatto … due siringhe».

Scrive nella denuncia la moglie di uno dei pazienti: «Chiedo che venga fatta giustizia perché questa orribile vicenda ha segnato la vita di mio marito e della nostra famiglia, soprattutto perché il dottor Rizzi, con il suo modo affabile e amichevole, ha illuso sia mio marito che lo vedeva come “il suo Salvatore” che avrebbe potuto curare il suo male, che tutta la nostra famiglia, dandoci false speranze fino alla fine, sostenendo che grazie alla sua miracolosa cura mio marito sarebbe guarito, speculando sulla sua pelle, nonostante fosse chiaro e palese che fossero i suoi ultimi giorni di vita».

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