Si sono sentiti abbandonati dalle autorità tedesche, i familiari di Vito Barnaba, il 25enne originario di San Vito dei Normanni ucciso lo scorso 7 maggio a Stoccarda. Le dinamiche della morte sono ancora tutte da chiarire.
«La polizia tedesca non ci ha mai chiamato, neanche per avvisare della morte di nostro figlio», raccontano. Per l’omicidio è stato fermato un 52enne siriano, che stando a quanto comunicato dalla polizia tedesca, subito dopo il delitto si era reso irreperibile. La sua colpevolezza, tuttavia, non è stata ancora confermata. In casa hanno realizzato un altarino in memoria del figlio.
Una foto di Vito sorridente con alcuni suoi oggetti. Da un mese i familiari sono assillati da dubbi e domande, accompagnate dalla rabbia e dalla delusione di essere stati quasi “dimenticati”. «Abbiamo scoperto della morte di Vito – ci dice Stefano Barnaba, fratello 22enne della vittima – dalla mamma di Alessia Turrisi, la sua ex fidanzata, il giorno dopo il suo assassinio. Dallo shock per la morte di mio fratello quindi, c’è stato anche quello di non essere stati minimamente contattati dalla polizia tedesca, cosa che ci ha fatto sentire davvero soli nel momento più triste delle nostre vite».
Alla notizia dell’omicidio, Stefano è andato in Germania insieme ai suoi genitori per cercare risposte che non sono arrivate. «Siamo arrivati a Stoccarda il pomeriggio – racconta Stefano – grazie ad un volo da Bari. In quel momento di estremo dolore ciò che più ci premeva era di avere risposte. Il giorno dopo ci siamo presentati alla stazione di polizia di Stoccarda. Nessuno ci ha convocati. A quel punto ci è stato detto di nominare un avvocato in Germania e che loro non ci avrebbero detto assolutamente nulla in quanto le indagini erano in corso. Questo ovviamente è totalmente comprensibile, ma in certi casi l’umanità dovrebbe venire prima della professionalità. Nessuno ci ha addirittura detto l’indirizzo preciso della casa in cui Vito abitava. L’abbiamo trovata chiedendo in giro e mostrando la sua foto. E’ stato agghiacciante».
Ora Stefano e i suoi genitori chiedono giustizia per Vito, ma che soprattutto il suo ricordo rimanga vivo. «Oltre che morti dentro – conclude Stefano con le lacrime agli occhi – ci siamo sentiti soli, abbandonati, vuoti. Questo è successo a noi, ma mi auguro che non capiti mai a nessuno. Quando un fratello o un figlio muore, in parte, si muore con lui, ma essere lasciati soli a se stessi è come morire due volte».