Hotel di lusso e spa: le vacanze del clan Palermiti. E spunta l’assunzione in Sanitaservice

Tre giorni in un noto hotel di Bari, con le mogli, per “cambiare aria” e parlare di argomenti delicati. Lunghe sedute nella spa, dove rigenerarsi e mettere a punto nuove strategie. Usi e consumi, per gli affiliati al clan Palermiti, che come hanno provato le indagini della Squadra Mobile della Questura di Bari, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, potevano disporre di grosse cifre di denaro, pur non avendo redditi stabili.

Un’incongruenza che ha motivato il maxi sequestro da un milione di euro, disposto dalla sezione misure di sorveglianza del tribunale di Bari ed eseguito lunedì mattina. E che è stato confermato in buona parte dagli interrogatori fiume resi da Domenico Milella, ex uomo di fiducia del capo Eugenio Palermiti, da due anni collaboratore di giustizia.

È proprio Milella, durante un lungo racconto dei fatti di sangue avvenuti tra il 2017 e il 2020 a spiegare alcune dinamiche. E racconta quando, all’uscita dal carcere, trovò ad aspettarlo il figlio del boss, Giovanni Palermiti, il genero Filippo Mineccia, Michele Ruggieri e Giuseppe Gelao (entrambi poi uccisi): «Io esco dal carcere – dice al pm Fabio Buquicchio – e li vedo con le pistole addosso. Non feci domande, ce ne andammo, però per il fatto che avevano le pistole addosso già iniziai a … Me ne dovevo andare una settimana con mia moglie, vidi un pò, dissi a mia moglie: “Amore, non andiamo più a fare la vacanza, le cose. Mò ci portiamo a Miki (ndr, Michele Ruggieri), ci facciamo tre o quattro giorni all’Hotel …”. Allora dissi a Michele Ruggieri, perché volevo sapere un po’ di fatti: “Andiamocene insieme, fai la borsa, la valigia, mò ce ne andiamo là, ci stiamo tre giorni, belli, con le mogli, là c’è la piscina, la sauna, la spa”. Facemmo tre giorni e lì iniziai a fargli le domande».

Stile di vita deluxe e, di contro, qualche esperienza lavorativa che negli anni ha prodotto redditi esigui. Ma, andando a ritroso nel curriculum della famiglia Palermiti, i pochi datori di lavoro in 30 anni, hanno nomi di rilievo e quasi tutti nel mondo della sanità: a cominciare dalle aziende del Re Mida della sanità privata barese, Ciccio Cavallari (la Geroservice srl, l’Apulia salus srl e la più nota Case di cura riunite srl), dove negli anni hanno prestato servizio numerosi esponenti dei clan malavitosi baresi e, nel caso specifico, Eugenio Palermiti, sua moglie Camilla e suo figlio Antonino. Porte aperte alla famiglia di Eugenio “Il Nonno” anche alla Sanitaservice Policlinico, nei cui registri risultano assunti, negli anni dal 2013 al 2020 sia Mineccia che Antonino Palermiti.

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