«Non può acriticamente ritenersi che la posizione» della 29enne inglese che ha denunciato di essere stata abusata dal regista premio Oscar Paul Haggis «sia scevra da intenti speculativi».
Lo scrive il Tribunale del Riesame di Lecce motivando il rigetto dell’appello dei pm che insistevano per l’arresto di Haggis per presunte violenze sessuali commesse dal 12 al 15 giugno ad Ostuni.
Secondo i giudici «le numerose incongruenze e contraddizioni evidenziate, unitamente alla manifestata non indifferenza alla ricaduta economica della vicenda, non possono che far fortemente dubitare della genuinità del racconto della persona offesa».
«Ritiene il Tribunale – si legge nel provvedimento – che le notevoli incongruenze e le contraddizioni evidenziate nell’analisi della versione della denunciante gettino pesanti ombre sulla sua attendibilità compromettendo notevolmente il requisito della gravità indiziaria». Il premio Oscar, assistito dall’avvocato Michele Laforgia, è stato detenuto agli arresti domiciliari dal 19 giugno al 4 luglio.
Dopo un lungo incidente probatorio nel quale la donna ha ripercorso le tre giornate di presunte violenze in un B&b di Ostuni dove il regista avrebbe dovuto partecipare al festival del cinema Allora Fest, il gip aveva accolto l’istanza della difesa, rimettendo in libertà il regista.
I pm avevano impugnato la scarcerazione, ma i giudici del Riesame hanno respinto il loro appello, ritenendo «sfumata la portata del compendio indiziario» e «notevolmente ridimensionata alla luce delle stesse dichiarazioni della persona offesa, non pacificamente attendibili». Ci sarebbero, cioè, «numerose incongruenze idonee a sollevare il dubbio sulla veridicità delle rappresentazioni della denunciante». Nel provvedimento sono trascritte alcune conversazioni tra la presunta vittima e Haggis, il cui contenuto «rivela con chiarezza un corteggiamento che la donna rivolge al regista al fine di incontrarlo e passare alcuni giorni in sua compagnia, probabilmente per instaurare una relazione personale, più che professionale, tanto che decide di condividere la medesima camera e, dunque, lo stesso letto».
Una donna, la presunta vittima, della quale i giudici evidenziano «la personalità volitiva e determinata», riportando anche stralci di conversazioni con un’amica («Le due parlano di ricerca di partner economicamente ‘forti’ tanto da garantire loro un adeguato benessere che sarebbe ricompensato dalla disponibilità sessuale»), «che mal si concilia con la descrizione della vittima quale donna debole e soggiogata dalla personalità dell’indagato».