Irene ha quattro figli, un quinto in arrivo, una gravidanza a rischio e uno sfratto esecutivo, scadenza oggi. Ma fino a un certo punto, perché di scritto non ha nulla, solo una comunicazione dell’Agenzia delle entrate che a luglio aveva comunicato la definitiva cessione dell’appartamento in cui vive, a Gravina in Puglia, al Comune che lo riutilizzerà per fini sociali (o abitativi), come prevede la legge.
Andiamo con ordine: l’immobile di via Van Gogh, dove la donna risiede con un regolare contratto d’affitto, alcuni anni fa era interamente di proprietà del pluripregiudicato Raffaele Di Palma (deceduto nel 2013), sottoposto nel 2011 a misure di prevenzione perché “socialmente pericoloso”. L’uomo aveva precedenti penali per omicidio, estorsione, rapina e associazione per delinquere di tipo mafioso e dagli inquirenti considerato affiliato al clan Mangione-Gigante-Matera, attivo a Gravina e nell’area murgiana.
Il patrimonio, all’epoca, era immenso: 153 tra appartamenti, negozi e locali, sparsi in tutta Italia, terreni, imprese edili, conti correnti bancari. Valore totale: 100 milioni di euro. L’indagine patrimoniale, avviata a settembre 2010, avrebbe accertato che il tenore di vita di Di Palma e il patrimonio accumulato fossero sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati, “dovendo per contro ritenersi – scrivevano i magistrati baresi – provento di ingenti introiti derivanti da attività illecite, riciclati e reinvestiti attraverso pseudo attività lecite”.
Le precedenti ordinanze di sequestro preventivo, tra il 2011 ed il 2012 avevano riguardato 98 unità immobiliari, quattro società, tre auto di grossa cilindrata e otto conti correnti. E poi, ancora, beni nel comune di Turi: due società edilizie, conti correnti, 24 unità immobiliari in fase di ultimazione, una società con relativo complesso aziendale composto da 79 immobili, raggiungendo gli oltre 100 milioni di euro. Tra questi, anche la palazzina di via Van Gogh, dove viveva con i suoi familiari, rimasti all’interno anche dopo la sua morte e la confisca, diventata definitiva nel 2020. Gli altri appartamenti, allora, sono stati dati in affitto.
Ci vive Irene con i suoi figli, al piano terra c’è un’associazione sportiva e una scuola di ballo. Lei non è mai stata un’inquilina morosa, ma la correttezza non è stata sufficiente ad evitare che si trovasse oggi in gravi difficoltà.
Il Comune infatti ne reclama l’utilizzo e glielo ha comunicato telefonicamente in diverse occasioni: «Avevo chiesto una mano, avevo proposto: pago a voi l’affitto, resto dentro, non mi mandate sbattendo da una parte all’altra – racconta – Io sono in attesa, ho una gravidanza a rischio. L’assessore mi ha risposto che fa solo da tramite tra l’amministratore giudiziario e la Prefettura, che non è lui a decidere. Ho ripetuto tante volte: allora datemi un’alternativa, trovatemi una sistemazione idonea, con 4 figli dove vado? Non se ne trovano case».
Ma ad oggi nulla è cambiato e nelle prossime ore Irene dovrebbe andare via, con il suo carico materno e le difficili condizioni fisiche.