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Gara truccata ed estorsioni al cimitero di Taranto: 7 condanne a 32 anni di carcere

Si chiude con sette condanne, per un totale di circa 32 anni di carcere, il processo con rito abbreviato relativo al racket e alle estorsioni nel cimitero San Brunone e alla gara d’appalto truccata da 7 milioni di euro per la gestione dei servizi cimiteriali, aggiudicata dalla cooperativa Kratos. Le accuse, mosse a vario titolo,…

Si chiude con sette condanne, per un totale di circa 32 anni di carcere, il processo con rito abbreviato relativo al racket e alle estorsioni nel cimitero San Brunone e alla gara d’appalto truccata da 7 milioni di euro per la gestione dei servizi cimiteriali, aggiudicata dalla cooperativa Kratos. Le accuse, mosse a vario titolo, erano di turbata libertà degli incanti, corruzione, associazione a delinquere, estorsione, peculato e concussione. I così detti “colletti bianchi” coinvolti nell’inchiesta, hanno scelto processo con rito ordinari e sono stati mandati a giudizio, prima udienza a febbraio 2025 con accuse, a vario titolo, di turbata libertà degli incanti, falso ideologico, corruzione e peculato. Si tratta dei dirigenti comunali Carmine Pisano (di recente coinvolto nell’inchiesta Pandora sugli appalti in carcere), Michele Matichecchia, i funzionari Tiziano Scialpi e Barbara Galeon, difesi dagli avvocati Ciro Buccoliero, Claudio Petrone, Andrea Silvestre e Salvatore Maggio. A giudizio anche Filomena Clarisa Francisco, amministratrice in diritto di Kratos difesa dall’avvocato Michele Rossetti e Vito Giannini dipendente comunale in pensione difeso dall’avvocato Rino Levato.

Il verdetto

Il giudice Benedetto Ruberto ha condannato alla pena più alta di 7 anni e 2 mesi, il necroforo Giuseppe Cristello, difeso dagli avvocati Salvatore Maggio e Pasquale Blasi, ritenuto il capo di un’associazione a delinquere dedita all’estorsione di denaro ai danni di artigiani, addetti alle pompe funebri e parenti dei defunti. Secondo l’accusa i necrofori, oltre allo stipendio, percepivano il cosiddetto “caffè”, una somma non dovuta, a volte anche intorno a 100 euro, che veniva richiesta a chi effettuava servizi all’interno del cimitero, come marmisti o artigiani incaricati dai parenti al momento della tumulazione o esumazione delle salme.

Le mazzette

Condanna a 5 anni e 4 mesi invece per Francesco Alfeo, amministratore di fatto della cooperativa Kratos, difeso dall’avvocato Michele Rossetti, per i reati di turbata libertà degli incanti e corruzione poiché, secondo la procura, avrebbe elargito denaro a Tiziano Scialpi, dipendente comunale rinviato a giudizio, nonché segretario della commissione che ha affidato l’appalto alla cooperativa sociale. Per Alfeo anche 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e incapacità in perpetuo di contrarre con la pubblica amministrazione.

Il ruolo dei necrofori

Condannati anche altri cinque necrofori che secondo l’accusa estorcevano il cosiddetto “caffè”: Cataldo Forte, Valter Pernisco e Antonio Sansone condannati a 4 anni e 8 mesi, mentre Giuseppe Ligorio e Cosimo Piccinno sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi.

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