Foggia, codici falsi per intascare il Reddito di cittadinanza: cinque indagati

Cinque persone sono state indagata dalla Procura di Foggia per aver intascato indebitamente il Reddito di cittadinanza.

Un’associazione a delinquere composta da dipendenti di Poste italiane, un assistente tributario dell’Agenzia delle entrate e altre figure chiave, per incassare ingiustamente redditi di cittadinanza: centinaia di migliaia di euro sottratti allo Stato, probabilmente anche con la complicità di alcuni patronati.


Ancora un’inchiesta, ancora uno scandalo nelle pieghe di quello che, nelle intenzioni, doveva essere un fondamentale sostegno al reddito. Ad indagare questa volta è la Procura di Foggia, che nei giorni scorsi ha incaricato la guardia di finanza di eseguire perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici di 10 persone, e nelle sedi di 5 patronati, tra San Severo, Cerignola, Torremaggiore, Palermo, Corato e Spinazzola.


Secondo l’ipotesi del pm Marco Gambardella, negli ultimi due anni la “banda” avrebbe gestito numerose pratiche inerenti l’erogazione dei sussidi reddito di cittadinanza e reddito di emergenza, creando codici fiscali falsi e cioè non corrispondenti a persone realmente esistenti o utilizzando dati veri, ma relativi a persone del tutto inconsapevoli, in particolare extracomunitari.
Secondo quanto finora accertato dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria del comando provinciale di Foggia, sarebbero 191 i nominativi/codici fiscali scambiati dai componenti la banda, che ora deve rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al peculato.


Le indagini hanno avuto una svolta con l’esame del telefono cellulare di una degli indagati, la 40enne Liliana Anna Fiore, di San Severo: dai dati delle sue chat con Claudio Tocci, 38enne di Cerignola con precedenti di polizia (i cui fratelli lavorano entrambi agli sportelli degli uffici postali) gli investigatori sarebbero risaliti agli stratagemmi utilizzati per incassare il denaro.
In uno scambio di messaggi, addirittura, sarebbe stata inviata una foto dei fogli sui quali erano schematizzati i nominativi dei destinatari, di origine straniera. Ma non solo. Tocci avrebbe anche rassicurato la donna su possibili denunce: «Ma non trovano un cazzo su quello», «La colpa è dell’Inps che accoglie i pagamenti», «Non ti preoccupare».


Dandole indicazioni qualche giorno dopo: «Svuota le chat», «Non lasciare tracce», «Non si sa mai, prendono il cell… ste tutt … Tu togli tutto e non parlare al cel», «L’unica cosa che puoi dire se ti chiede come mai hai pagato tanti rem tutti insieme … devi dire che è venuto uno, che sulla domanda stava scritto “delegando”, e hai fatto i pagamenti». Per poi concludere: «Mantieni sempre una linea».
Attraverso la consultazione della banca dati, la guardia di finanza ha poi accertato che 170 persone avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza tramite il patronato, ricevendo in totale circa 430 mila euro, accreditato su carte di debito emesse da Poste italiane, mentre altre 149 persone avevano chiesto (sempre tramite Caf o patronati) il reddito di emergenza, concesso a 118 di loro, per un ammontare totale di 225 mila euro, pagati con “bonifico domiciliato”, e cioè un pagamento in contanti presso qualsiasi sportello delle Poste italiane semplicemente presentando un documento d’identità. L’altro dato importante è che 71 codici fiscali risultano tutti essere stati generati dall’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate di San Severo tra il 20 gennaio e il 2 febbraio 2021 e assegnati a stranieri, in molti casi in assenza di domicilio fiscale o residenza.

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