Soci in affari da 40 anni, conviventi in una città che dedica parte del suo Pil illecito al consumo di droga, parenti e vicini di casa, “figli” dello stesso “padrino mafioso”. Si incrina, nelle celle del carcere di Bari, la storica “fratellanza” tra i clan Capriati e Parisi, dopo generazioni di collaborazione, fatta di matrimoni e affari sporchi.
Nelle ultime settimane, infatti, si sono registrate preoccupanti fibrillazioni nella terza e quarta sezione, dove gli affiliati ai due clan sono ristretti, ben lontani da quella seconda dove sono ospitati i referenti del clan Strisciuglio. Fibrillazioni che magistrati della Direzione distrettuale antimafia e la direzione stessa del carcere tengono sotto stretto controllo. Non è ancora del tutto chiaro quali siano i motivi di attrito fra le due organizzazioni mafiose, ma si ipotizza che possa aver contribuito la gestione degli affari sporchi, e in particolare dello spaccio di droga, da parte di quei Capriati attualmente in libertà. Sulle scrivanie dei pm, infatti, c’è un corposo fascicolo sul controllo di alcune piazze cittadine, in particolare di Bari vecchia, diventata negli ultimi mesi un vero e proprio supermarket della droga, gestito proprio dai nipoti di Sabino Capriati. Al centro delle indagini non ci sarebbe però solo la fase finale del business illecito, ma anche e soprattutto la gestione dell’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, da sempre appannaggio del clan Parisi e delle sue propaggini sul territorio.
Le precedenti inchieste hanno infatti accertato l’esistenza di diversi canali di approvvigionamento della droga, a seconda della tipologia richiesta. Una volta arrivata in città, poi, viene stoccata in posti sicuri, appartamenti intestati a prestanome ma di fatto riconducibili ai clan Parisi e Palermiti, ex braccio destro diventato negli anni un capo indiscusso. Suddivisa in quantità diverse a seconda delle richieste, finisce in altre zone cittadine o nei comuni della provincia barese, che come registrano le indagini, contano su altre importanti piazze di spaccio. Un fiume di droga che bagna Bari, con un volume di affari a diversi zeri, che ben potrebbe rappresentare un valido motivo di attrito.
Per ora la situazione nella casa circondariale di Bari è sotto controllo, grazie alla presenza delle guardie giurate, ma il timore è che possa degenerare come avvenuto l’11 gennaio 2016, 41 detenuti appartenenti in gran parte ai clan Strisciuglio e Misceo, entrambi del quartiere San Paolo partecipano ad una maxi-rissa che rivelò, a posteriori, e grazie ai collaboratori di giustizia, la profonda frattura che stava irrimediabilmente dividendo le forze sul territorio. In nome degli affari sporchi.