Oggi non è festa per Giovanni Bocci, papà di Adelio, il bimbo di 10 anni che nel 2015 è stato portato in Kazakistan dalla madre senza la sua autorizzazione.
«Non è la festa del papà per me oggi. È la giornata in cui festeggio i dispiaceri e la sofferenza per la lontananza forzata da mio figlio Adelio che si trova a migliaia di chilometri di distanza da me ormai da nove anni», racconta Giovanni Bocci: «Sono solo e disperato – aggiunge -, dal governo ho ricevuto promesse. Per lui sono pronto a tutto, anche vendere i miei organi per avere i soldi necessari a raggiungerlo».
Dal 2015, continua Bocci, «è un incubo. Ieri, dopo più di un mese, sono riuscito a vederlo in videochiamata: era impaurito, timoroso di parlarmi». Bocci manca dal Kazakistan dal 2019. «Non posso più permettermi il viaggio né posso più pagare un avvocato del posto per vedere, per al massimo trenta minuti, mio figlio perché le parcelle dei legali variano dai 7 agli 8mila euro. Da quando Adelio è stato rapito dalla madre, ho speso 200mila euro. Adesso sono impossibilitato e non so cosa fare».
Bocci, che vive a Brindisi, è deluso perché «nessuno mi aiuta. Ho incontrato il capo di gabinetto del sottosegretario Alfredo Mantovano nello scorso dicembre: mi ha riferito che attenzionano il mio caso. Lo stesso era accaduto nel luglio dell’anno scorso con il viceministro agli Affari esteri, Edmondo Cirielli che ha inviato una lettera all’ambasciata italiana ad Astana. Una missiva in cui era garantita la vicinanza del presidente del Consiglio Meloni. Da allora tutto tace. Adelio – ripete – è un cittadino italiano ma sembra non sia così ed è la cosa più brutta perché lo Stato italiano non garantisce la libertà a un suo cittadino».