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Femminicidio ad Apricena, Bruzzone: «Uomini che non tollerano di perdere il loro controllo»

«Temo che sia andato in scena l’ennesimo caso di femminicidio, motivato dall’incapacità di questi uomini di tollerare di essere lasciati ed elaborare l’umiliazione derivante dal fatto che una donna abbia osato sottrarsi al loro controllo davanti a tutti». La criminologa Roberta Bruzzone non ha dubbi, l’omicidio di Giovanna Frino ha gli stessi contorni degli altri,…

«Temo che sia andato in scena l’ennesimo caso di femminicidio, motivato dall’incapacità di questi uomini di tollerare di essere lasciati ed elaborare l’umiliazione derivante dal fatto che una donna abbia osato sottrarsi al loro controllo davanti a tutti». La criminologa Roberta Bruzzone non ha dubbi, l’omicidio di Giovanna Frino ha gli stessi contorni degli altri, pur differente negli elementi di cornice.

La storia si ripete?

«Possono cambiare volti, nomi, armi utilizzate, ma lo scenario è sempre lo stesso. Al di là dell’aspetto abbandonico, sono uomini che non tollerano di essere umiliati pubblicamente dalle loro donne, attraverso la decisione di lasciarli».

Hanno personalità particolari?

«Personalità profondamente egocentriche, fortemente autoreferenziali, che non tollerano di subire quella che per loro è un’umiliazione inelaborabile, di essere lasciati e di venire sostituiti».

Non risultano denunce precedenti al delitto.

«Quello di per sé non ci deve stupire, moltissime donne che muoiono non hanno mai fatto denunce, solo 2 casi su 10 arrivano all’autorità giudiziaria, il fatto che non abbia denunciato, non significa che non abbia mai subito».

Con Giovanna Frino e Giovanna Bonsignore i casi di femminicidio nel 2022 sono 111.

«I dati sono omogenei, al di là di una lieve variazione di anno in anno. Il fatto è che abbiamo un problema di topo culturale, ecco perché da 30 anni in Italia abbiamo questi numeri e continueremo ad averceli. Il problema è tutto il sommerso di violenza che le donne continuano a tollerare, convinte che senza un uomo non possano vivere, cosa che ovviamente è sbagliata».

La presenza di una figlia in casa non lo ha fermato.

«I figli non sono mai un deterrente, anzi. Adottando la prospettiva di questo tipo di uomini, una lezione esemplare alla moglie davanti alle famiglie per loro è addirittura uno scenario che agevola questo tipo di condotte».

E i figli le subiscono.

«Molto spesso c’è una commistione di violenza esplicita se non altro di tipo verbale in famiglia. Non penso che sia la prima volta, i figli sono avvezzi ad osservare comportamenti aggressivi, svalutanti, umilianti nei confronti della madre. La stragrande maggioranza dei casi di violenza in famiglia avviene davanti ai figli».

In paese si dice che qualche anno fa l’assassino abbia perso il lavoro.

«La perdita del lavoro è da considerare, ma come indicatore di questo tipo di personalità, magari non particolarmente stabile di suo, una personalità che fatica ad adattarsi alle esigenze altrui».

Le difficoltà economiche che vive la società ad ampio spettro in questo periodo possono aver influito?

«Non le mettiamo insieme, qui è un problema che abbiamo da tantissimi anni, è peggiorato ma indubbiamente i problemi economici non le hanno innescate».

Prevenzione: cosa vuol dire per lei?

«Vuol dire lavorare a modelli educativi, di relazione tra i generi totalmente diversi da quelli attuali, cambiare in maniera radicale la mentalità di uomini e donne. È una strada in salita perché molti considerano normale la disparità di potere tra uomo e donna, fisiologico solo perché a livello culturale così viene letta. Ovviamente non è così».

Come si colloca la Puglia in questo allarmante scenario?

«La Puglia è nella media nazionale, non c’è una sostanziale differenza socio-culturale o geografica, in Italia ci sono casi a macchia di leopardo in tutte le categorie, non c’è alcun criterio distintivo in alcune regioni piuttosto che in altre. È un problema trasversale sotto ogni prospettiva».

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