È stato rinviato a giudizio l’imprenditore foggiano, di origini manfredoniane, Michele D’Alba, lo ha deciso il Giudice per l’udienza preliminare di venerdì scorso presso il Tribunale di Bari, stabilendo, però, che il processo si celebrerà invece a Foggia in dibattimento e non con rito abbreviato. Secondo il magistrato, D’Alba è accusato di favoreggiamento della criminalità organizzata aggravato dalla mafiosità. Un reato commesso in quanto lo stesso avrebbe, stando all’impianto accusatorio formulato dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, con il pubblico ministero Bruna Manganelli, agevolato alcuni esponenti della Società Foggiana non denunciando le estorsioni. Sempre secondo la ricostruzione della Dda di Bari l’imprenditore avrebbe omesso «di denunciare alle Autorità di essere sottoposto ad estorsione e di versare, a tale titolo, somme di denaro contante all’associazione di stampo mafioso denominata Società Foggiana dal 2017 fino al 2020».
Le indagini
Le indagini della magistratura si sono avvalse di molte intercettazioni ambientali, in particolare nei confronti di alcuni presunti affiliati ai clan che operano nella città di Foggia in cui gli intercettati parlavano delle procedure per farsi pagare da alcuni imprenditori. Intercettazioni che hanno permesso di risalire all’imprenditore, a cui vanno aggiunte le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, già esponenti della malavita, che avrebbero confermato la volontà estorsiva dei criminali nei confronti di D’Alba, all’epoca dei fatti titolare dell’azienda di pulizie “Tre fiammelle”, attività raggiunta negli anni scorsi da un provvedimento del Prefetto di Foggia con cui è stata irrogata l’interdittiva antimafia.
La difesa
Da par suo D’Alba durante le indagini ha sempre respinto le accuse di essere sottoposto a estorsione da parte della criminalità foggiana. Mentre il Comune di Foggia, visto che D’Alba era titolare con la sua cooperativa di alcuni appalti, si è costituto parte civile, insieme al ministero dell’Interno e a quello della giustizia. Intanto, anche un’altra azienda, la lavanderia industriale Lavit, sempre riconducibile a D’Alba è sottoposta a una medesima interdittiva, contribuendo a definire un quadro secondo cui a Foggia esiste una “zona grigia” di collusioni con i clan che pervade anche l’economia legale, favorendo perciò una turbativa del mercato con i costi rappresentanti dalle estorsioni che i clan impongono a molti settori dell’economia, come le numerose interdittive antimafia degli ultimi anni, emesse dalla Prefettura, dimostrano.