Ex Ilva, i sindacati chiedono un incontro a Meloni: «Altrimenti ci autoconvocheremo sotto Palazzo Chigi»

I leader di Fim, Fiom e Uilm tornano a denunciare la situazione di totale «abbandono» in cui versa l’ex sito Ilva di Taranto «a partire dal subentro della gestione ArcelorMittal» e a sollecitare, questa volta direttamente alla premier Giorgia Meloni, e per conoscenza, ai ministri Giorgetti, Urso, Calderone, Fitto e Pichetto Fratin, una convocazione urgente che affronti «il pericoloso declino cui è destinato il sito» che «nel giro di pochissimo tempo lo consegnerebbe a un’irreversibile condizione di spegnimento, con gravissime conseguenze occupazionali oltre che industriali».

Ma, inascoltati da tempo, alzano unitariamente il livello del pressing: «In caso di mancata convocazione, ci autoconvocheremo presso la vostra sede istituzionale anche con le nostre rappresentanze sindacali unitarie», minacciano ad una voce sola i segretari generali delle tute blu di Cgil, Cisl e Uil, Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella, che chiedono al Governo «di esercitare le proprie prerogative pubbliche e di azionista per determinare il necessario cambiamento di cui Acciaierie d’Italia ha bisogno».

D’altra parte, denunciano ancora Fim, Fiom e Uilm, nonostante il finanziamento erogato dallo Stato a inizio anno, «il management pubblico-privato aziendale non sta mantenendo nessuno degli impegni presi sui volumi produttivi, gli investimenti, il funzionamento e la manutenzione degli impianti, sul pagamento delle ditte di appalto» con l’accordo del 2018, si legge nella nota unitaria mentre «la gestione unilaterale del personale abusa nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali ed è sempre più a rischio la gestione degli impianti anche in termini di sicurezza sul lavoro per gli addetti».

Inoltre «nessuna prospettiva» sta interessando i lavoratori collocati in Ilva As per i quali l’accordo prevedeva il loro rientro in Adi.

«Il mancato impegno all’avvio dei lavori di rifacimento di Afo5 a Taranto, il ciclo di vita in esaurimento degli altri impianti, il mancato avvio e finanziamento dei progetti di decarbonizzazione consegnano il siderurgico di Taranto e il gruppo ad un inevitabile spegnimento», ribadiscono con un rinnovato «e maggiore allarme» i sindacati.

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