Droga nell’auto dell’amante: la Procura impugna l’assoluzione di Filograno e il proscioglimento di Loprieno

La Procura di Bari ricorre contro l’assoluzione dell’avvocato barese Gaetano Roberto Filograno, che nei mesi scorsi era tra i papabili candidati del centrodestra alle comunali, e il proscioglimento del collega Nicola Loprieno, consigliere comunale del centrosinistra, dall’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti “perché il fatto non sussiste”. Il provvedimento era stato firmato il 2 ottobre scorso dalla gup Antonella Cafagna.

La vicenda è quella consumatasi ai danni di un imprenditore barese, attuale compagno della ex moglie di Filograno, nella cui auto furono trovati 26 grammi di cocaina. Dopo l’onta dell’arresto e la fatica di un processo, nel 2017 l’uomo fu assolto dalla gup Anna Perrelli con formula piena. In ballo però c’erano anche altre denunce, quelle presentate da lui e dalla compagna contro Filograno per stalking.

In sostanza, e questa era l’ipotesi accusatoria della Procura di Bari, sarebbe stato il penalista con la complicità del collega e amico Loprieno e di un terzo uomo vicino ad ambienti malavitosi baresi, a fare collocare la droga nell’auto. Ma non solo: sarebbero stati sempre loro a utilizzare la mediazione di un finanziere amico per una “soffiata”, che portò poi alla perquisizione e all’arresto.

Per Filograno i pm Claudio Pinto e Savina Toscani avevano chiesto la condanna a 4 anni di reclusione, per Loprieno il rinvio a giudizio. Ma la gup Cafagna aveva ribaltato la prospettiva, e in 16 pagine di motivazioni aveva spiegato la sua decisione, adottata con richiami giurisprudenziali. C’era sì “un turpe e vile ordito criminoso” ai danni dell’imprenditore, colpevole di essere il nuovo compagno della sua ex moglie. C’era il complotto che vide finire in manette il povero imprenditore inconsapevole (difeso dall’avvocato Michele Laforgia), processato e assolto.

E, secondo la gup Antonella Cafagna, l’avvocato barese Gaetano Roberto Filograno ne sarebbe stato “innegabilmente” l’ideatore. Ma, sostiene, non era corretta la formulazione del reato, come iscritto dalla Procura nel capo d’imputazione a carico di Filograno (assistito dall’avvocato Guido Ceci) e del suo amico e collega Nicola Loprieno (difeso dall’avvocato Giuseppe Giulitto).

I pm li accusavano di detenzione di droga ai fini di spaccio, per aver organizzato il piano e aver incaricato il pregiudicato Nicola Piperis di piazzare i 26 grammi di cocaina nella Smart del “rivale”. Ma per la gup quel reato non è corretto: l’articolo 73 del testo unico degli stupefacenti intende punire “la circolazione della droga mediante cessione al consumatore” e la tutela dei valori della salute pubblica, della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Valori che, nel caso specifico, non risultano in alcun modo violati. Per la gup, allora, al massimo si tratta di simulazione di reato, che però nel frattempo è finito nel calderone della prescrizione. Di parere contrario la Procura che, con un ricorso molto dettagliato, ha inteso dimostrare come la detenzione non sia direttamente finalizzata allo spaccio, proprio come sarebbe capitato in questo caso.

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