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Donato, picchiato a morte a Foggia. I genitori chiedono giustizia: «Aspettiamo da 5 anni»

Giuseppe, sua moglie, i due figli e gli amici più cari di Donato. Tutti, come sempre, stretti gli uni agli altri, da Cerignola a Bari per l’udienza tanto attesa. Corte d’appello di Bari, si è aperto ieri il processo di secondo grado a Francesco Stallone e Michele Verderosa, entrambi foggiani, condannati in primo grado a…

Giuseppe, sua moglie, i due figli e gli amici più cari di Donato. Tutti, come sempre, stretti gli uni agli altri, da Cerignola a Bari per l’udienza tanto attesa.

Corte d’appello di Bari, si è aperto ieri il processo di secondo grado a Francesco Stallone e Michele Verderosa, entrambi foggiani, condannati in primo grado a novembre 2022 (con il rito abbreviato) rispettivamente a 15 anni e 6 mesi di reclusione e 11 anni e 4 mesi, per omicidio volontario. L’omicidio di Donato Monopoli, il 26enne ferocemente picchiato la notte del 6 ottobre 2018 e morto sette mesi dopo a “Casa Sollievo della Sofferenza”, a San Giovanni Rotondo, fu il risultato di un esercizio di potere, di una manifestazione di superiorità violenta. Fu l’epilogo di una rissa sulla pista della discoteca “Le Stelle”, alla periferia di Foggia.

Lui e altri amici venivano da Cerignola e la lite con il gruppo dei foggiani, per futili motivi, era stata l’occasione per i “padroni di casa” di ammonire: «Ma voi sapete dove stiamo qui? Qui stiamo a Foggia», per poi partire con calci e pugni. Donato intervenne per difendere un amico e fu picchiato brutalmente, anche dopo che era per terra, come ha raccontato un testimone: «Cercava di alzarsi facendo forza sulle gambe, ma non vi riusciva perché quando ancora aveva le ginocchia piegate, barcollando cadeva a terra all’indietro».

Il ricovero, gli interventi, un aneurisma cerebrale che lo ha portato alla morte. I due imputati, per la giudice di primo grado, “pur di perseguire il fine ultimo di punire chi si era permesso di invadere il loro territorio, hanno accettato la possibilità che l’aggressione efferata, posta in essere da due professionisti che praticavano a livello agonistico pugilato e arti marziali, avrebbe potuto cagionare un evento infausto”.

«Sono cinque anni che viviamo questa tragedia – dice il papà di Donato, Giuseppe -Anche oggi (ndr, ieri), ripercorrere tutto quello che è successo quella notte, fa tanto male. Purtroppo dobbiamo lottare per avere giustizia, sappiamo che non servirà a niente, che non cambierà niente, ma ci darà un pochino di tranquillità».

Sulla pagina Facebook “Giustizia per Donato”, che conta oltre 30mila follower, le pagine del dolore della sua mamma, puntuali, come un racconto di un viaggio con Donato al suo fianco. “La speranza è l’ultima a morire e dobbiamo e vogliamo continuare ad avere piena fiducia e speranza in chi dovrà pronunciarsi in merito – si legge dopo l’udienza di ieri – Non è facile, l’attesa ti morde, ma crediamo e speriamo in cuori che capiscano e rendono a Donato, figlio anche loro, ormai la Giustizia che merita”.

Nell’udienza di ieri hanno discusso entrambe le parti: l’accusa ha chiesto 10 anni per Stallone e 7 per De Rosa, mentre la difesa punta a dimostrare l’assenza di causalità tra il picchiaggio e lo scoppio dell’aneurisma. Il processo è stato aggiornato al 20 marzo 2024, quando ci sarà la sentenza di secondo grado. «Ci auguriamo che tutto questo finisca presto – scuote la testa Giuseppe – mio figlio non c’è più e loro sono liberi. Non è giusto».

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