«Diffamò Giorgia Meloni»: Luciano Canfora rinviato a giudizio a Bari – VIDEO

Lo storico Luciano Canfora, accusato di diffamazione dalla Procura di Bari, nei confronti della premier Giorgia Meloni, è stato rinviato a giudizio dalla giudice Antonietta Guerra. «Rilevato che è necessaria un’integrazione probatoria approfondita, incompatibile con l’udienza preliminare, si dispone il rinvio a giudizio il 7 ottobre prossimo».

Il legale di Meloni, costituitasi parte civile, l’avvocato Luca Libra, ha chiesto un risarcimento di 20mila euro.

«La premier sarà sicuramente chiamata a deporre in aula», ha detto Michele Laforgia, avvocato di Canfora, al termine dell’udienza.

Il processo inizierà il 7 ottobre davanti al giudice monocratico Pasquale Santoro. «Nella nostra difesa era esplicito che, se avessimo dovuto approfondire il tema del “neonazismo nell’animo” nel merito sarebbe stato necessario sentire la persona offesa dal reato», ha aggiunto, «e forse acquisire una massa importante di documenti biografici, bibliografici, autobiografici» che «vanno acquisiti in dibattimento, nel contraddittorio tra le parti. Resto convinto – ha concluso Laforgia – che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare e non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo quando dall’altra parte ci sia un potere dello Stato, perché il presidente del Consiglio è potere dello Stato».

La difesa di Canfora: «L’Unar stigmatizzò il pensiero politico di Meloni»

Tra i motivi per i quali l’avvocato di Luciano Canfora, Michele Laforgia, ha chiesto oggi il proscioglimento del suo assistito dall’accusa di diffamazione aggravata nei confronti della premier Giorgia Meloni ci sarebbero anche alcune dichiarazioni rese nel 2015 dalla leader di Fratelli d’Italia “in merito alla necessità di bloccare i flussi migratori specificamente provenienti dai Paesi di fede musulmana”.

La frase si legge nella memoria depositata oggi in udienza predibattimentale dall’avvocato.

In merito a quelle frasi di Meloni, l’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazione della Presidenza del Consiglio) trasmise alla leader di Fratelli d’Italia una nota di ammonimento “e, nella polemica che ne scaturì, intervenne l’allora presidente del Circolo culturale Mario Mieli, Andrea Maccarrone, definendo “razziste” le affermazioni dell’on. Meloni e lanciando in rete l’hashtag #MeloniRazzista”.

Querelato da Meloni, Maccarrone fu prosciolto dal gup di Roma, che ritenne le dichiarazioni rese dall’attuale premier “oggettivamente ‘discriminatorie perché indirizzate verso una classe di soggetti identificati solo ed esclusivamente attraverso il loro credo religioso – la fede islamica’”.

“È noto che l’attuale Presidente del Consiglio ha spesso denunciato il pericolo della cosiddetta sostituzione etnica nei suoi interventi pubblici”, scrive ancora Laforgia, “se non che, il concetto di ‘grande sostituzione‘ è ufficialmente inserito nel catalogo dei pregiudizi antisemiti dal ‘Coordinatore Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo’, struttura afferente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

“Pare, dunque – si legge ancora nella memoria -, che la stessa Presidenza del Consiglio finisca per avallare la legittimità della critica espressa dal prof. Canfora con l’espressione ‘neonazista nell’anima’”.

“Si tratta, comunque – conclude Laforgia – , di una opinione volta a stigmatizzare il pensiero politico dell’on. Meloni, dovendosi escludere che possa qualificarsi come un’invettiva personale e gratuita riferibile alla sfera personale o privata”.

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