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Detenuto barese semi paralizzato in carcere a Caltanissetta, la denuncia: «Mi vengono negate le cure»

Affetto da lombosciatalgia pregressa e cefalea a grappolo cronica, a un detenuto 53enne barese, Domenico Antonio Guglielmi, sarebbero negate le cure nel carcere di Caltanissetta dove è recluso per reati legati alla criminalità organizzata. A denunciarlo è proprio Guglielmi che ha scritto una lettera alla presidenza della Regione Sicilia, al Garante nazionale dei detenuti, al…

Affetto da lombosciatalgia pregressa e cefalea a grappolo cronica, a un detenuto 53enne barese, Domenico Antonio Guglielmi, sarebbero negate le cure nel carcere di Caltanissetta dove è recluso per reati legati alla criminalità organizzata.

A denunciarlo è proprio Guglielmi che ha scritto una lettera alla presidenza della Regione Sicilia, al Garante nazionale dei detenuti, al ministero della Sanità e «ai vari organi competenti».

«Pur essendo detenuto da più di 12 anni non mi viene garantito il diritto alla salute», scrive Guglielmi le cui condizioni sarebbero peggiorate nel corso degli anni tanto da renderlo «semi paralizzato».

Nella sua lettera il 53enne barese scrive: «Vengo letteralmente lasciato solo, sigillato a blindo chiuso, scoperto da qualsiasi supporto medico-specialistico». Riferisce di aver bisogno di una sedia ortopedica che non gli viene concessa «per motivi di sicurezza» e di non essere autorizzato a sottoporsi a un intervento chirurgico prenotato da oltre due anni.

L’ultima visita risale al settembre 2022. «Ormai sono sette anni che vengo ignorato, discriminato e spedito da istituto a istituto», continua, dicendo di sentirsi «alla mercede di chi, offendendomi e denigrandomi, calpesta la dignità di un essere umano».

«Se questa è giustizia e Stato di diritto – conclude Guglielmi -, allora non credo di aver compreso il senso di rieducazione e reinserimento sociale. Chiedo solo di concedermi dignità e la possibilità di curarmi adeguatamente».

Guglielmi finirà di scontare la pena nel 2028. «Credo che le parole di Guglielmi siano utili per aprire un serio dibattito sul modo in cui il diritto alla salute non viene assicurato all’interno delle carceri italiane», commenta il suo avvocato, Gianluca Loconsole.

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