Detenuti pestati nel carcere di Foggia, Bernardini: «Situazione tra le peggiori d’Italia»

È stata calendarizzata la proposta di legge di “Nessuno tocchi Caino”, firmata con il collega parlamentare Roberto Giachetti, sul sovraffollamento delle carceri italiane. La discussione dovrebbe arrivare in aula ad aprile e trovare un percorso abbastanza rapido, visto che maggioranza e opposizione si dimostrano sensibili all’argomento, ma Rita Bernardini, presidente dell’associazione, resta cauta «vediamo cosa succederà, ma spero che si possa continuare a mantenere un clima collaborativo da parte di tutti».

Cosa pensa del pestaggio nel carcere di Foggia?

«Non conosco i termini della questione, ma posso dire che il carcere di Foggia, tra tutti quelli che ho visitato, è con Trapani e Poggioreale, tra i peggiori d’Italia per sovraffollamento e mancanza di personale e dove i casi di recidiva sono altissimi».

Ma “Nessuno tocchi Caino” ha ricevuto segnalazioni di maltrattamenti nel carcere di Foggia?

«Nella mia ultima visita, pur riscontrando una situazione drammatica, nessuno ha segnalato pestaggi o maltrattamenti. D’altronde sono episodi che, sia pure sporadici e casuali, succedono in tutta Italia. Ora senza mettere a processo gli agenti e fare sentenze, l’episodio foggiano resta grave, ma bisogna fare anche altro per superare la crisi del sistema carcerario italiano».

Intervenendo sul sovraffollamento?

«Non vedo alternative. Bisogna svuotare le carceri. Il sovraffollamento è la prima causa di trattamenti inumani e degradanti. Ci sono troppi detenuti e pochi agenti e tenere in una cella una persona, senza fare nulla, mi pare inutile e soprattutto costoso per le casse statali. Ci sono quasi settemila detenuti che hanno meno di un anno da scontare e, quindi, sono vicini al fine pena; tanto vale facilitare – se il loro percorso carcerario è stato esemplare – la liberazione anticipata e aiutarlo a un reinserimento più rapido nella società».

Resta la questione delle garanzie per i detenuti?

«Da sempre diciamo che le carceri italiane non accompagnano la riabilitazione dell’individuo, anzi in certi casi la peggiora e che le politiche repressive non aiutano a risolvere il problema. La gestione delle carceri resta difficile e le attività educative sono una goccia in mezzo al mare tempestoso della vita carceraria».

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