Se non fosse aprile, sarebbe la perfetta storia di Natale. Che di bellezza e generosità ne ha tutto, contorni e contenuto. È la storia, invece, di Pasqua, di un clochard rumeno che mangiava carne in cattivo stato di conservazione e che nel giro di due giorni ha ritrovato la vita, la dignità, il calore e l’affetto, il futuro, grazie a due donne, madre e figlia.
La storia esemplare comincia sabato pomeriggio. Accade nelle campagne di Palese, dove vivono le due donne, che però preferiscono restare anonime: Anna e Antonella, nomi di fantasia, abitano nei pressi di un casolare abbandonato e semidiroccato. Nel pomeriggio di sabato, Antonella, 26 anni, porta a spasso il cane e vede lui, Ion Ruta, seduto su uno sgabello di fortuna, che mangia la carne da un pentolino scaldato da un fornello. Un saluto, reciproco, e la visione di quel cibo scadente. Antonella torna di corsa a casa e chiama Anna, per tornare da lui, per rifocillarlo. Quando Anna arriva, lui le fa cenno di entrare e sedersi vicino a lui su un giaciglio, rassicurandola sul fatto che fosse pulito. Lei si fida, entra, inizia a parlare con lui. Inizia così un legame forte, che si scioglierà due giorni dopo al gate dell’aeroporto di Bari Palese, dove Ion si imbarcherà per tornare in Romania, grazie alla generosità di Anna.
Lui racconta e lei ascolta. Poi corre al supermercato, acquista legumi cotti, omogeneizzati, latte, biscotti, ma anche tovaglioli di carta, salviettine. A lavarsi lui è abituato, con le bottiglie d’acqua che riempie alla fontana sul lungomare, che usa come fosse una doccia. Gli abiti non sono sporchi, su una cassetta della frutta la carta igienica, la tazzina per il caffè e le medicine. Ion soffre di crisi epilettiche, gliel’hanno diagnosticato qualche mese fa, quando è finito al pronto soccorso dopo essersi sentito rifiutato e offeso da un ente caritatevole cittadino.
Anna gli chiede: «Che vuoi fare?», lui risponde senza esitazione: «Voglio tornare al mio Paese». È allora che nella mente della donna nasce l’idea che porterà tutti e tre fino a lunedì pomeriggio. Sabato sera fa freddo, piove, le due donne rientrano a casa, ma il pensiero corre sempre a lui, su quel giaciglio dignitoso e l’umidità che penetra ovunque, permeando anche quella cicatrice di una frattura al femore, dopo essere stato investito sul ponte nei pressi del quartiere Poggiofranco. Anna chiede consiglio ad un suo amico per il rimpatrio, ci vuol tempo, l’indomani è Pasqua. Troppo tempo per una persona che dorme in un casolare diroccato.
L’indomani mattina, Anna e Antonella tornano da lui, glielo chiedono ancora: «Che vuoi fare?», lui risponde: «Voglio tornare a casa, questa non è vita». Anna allora prenota una stanza in un b&b, ci vanno, poi raccoglie indumenti puliti da suo marito e da un vicino di casa e lo fa cambiare, portando i suoi vestiti in una lavanderia a gettone. Lui si addormenta, composto e imbarazzato, sulla trapunta del letto, coprendosi con il telo umido della doccia. Poi riescono ad avere la presenza di una donna rumena, parente della titolare del b&b e lo aiutano a raccontarsi. La storia, a ritroso, è comune e unica al tempo stesso: arrivato in Italia con alcuni connazionali per riparare muretti a secco, dopo tre giorni di lavoro viene derubato dagli altri, che gli portano via lo zainetto con i soldi e un tablet, lasciandolo solo a Gioia del colle. Lì, in Romania, ci sono le sue figlie, ma per vari motivi, non si occupano di lui, ma lui riesce a mandare loro un po’ di denaro che raggranella con lavoretti saltuari.
La solitudine e la voglia di tornare a Costanza, in Romania. Sono le 16 quando Anna e Antonella lo portano a prendere un gelato, poi a casa loro. Nel frattempo, Anna gli ha prenotato e pagato il volo per casa. Arrivano le 20.30, è ora di una pizza, in un locale di Bari. Lui non la mangia tutta, ma solo un quarto, e la parte restante la vuole portare “a casa”, la piega e la conserva in un tovagliolo. Un’altra notte, nel b&b, prima del suo rientro in Romania. Alle 13 di una insolita Pasquetta, mamma e figlia lo passano a prendere per accompagnarlo in aeroporto, sono riuscite a mettere insieme una piccola somma, grazie anche alla generosità condivisa di un’amica di Anna. Ion ha il terrore di volare, non lo ha mai fatto, lo rassicurano e lo abbracciano. «Mi ha promesso che quei soldi non li userà per comprare birra e alcol – sorride Anna – e che mi telefonerà appena possibile. L’ho minacciato: “Se non lo fai, vado a Chi l’ha visto”. Non so se le sue figlie lo hanno accolto, non hanno risposto alle nostre telefonate, spero tanto sia andato tutto bene».
Dopo la partenza, Antonella è tornata in quel prato: «C’erano persone che mi hanno riconosciuta, mi hanno detto che si chiedevano dove fosse finito l’uomo rumeno. Io gli ho detto: “Presumo parliate di Ion, è tornato in Romania, a casa sua”. Ho raccontato la storia. “Siete degli angeli”, hanno detto. Certo è un gesto bello – continua – ma avrebbe potuto farlo chiunque, non ho i superpoteri. Era destino, ma mi sento umanamente arricchita per le emozioni che mi ha dato, per la persona che è, un’esperienza che auguro a chiunque, magari a quelli che hanno la puzza sotto il naso e discriminano, di avere il coraggio di superare i loro limiti e aiutare, si tratta semplicemente di questo». Le fa eco sua madre: «Non abbiamo fatto nulla di straordinario, avrebbe potuto farlo chiunque».