Dal caso Pantani agli hotel deluxe con le 16enni: l’imprenditore coinvolto nell’inchiesta per prostituzione minorile

Gravitava nel mondo della “polvere bianca” e dello sport dopato uno dei clienti finiti lunedì scorso agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sul giro di prostituzione minorile a Bari e in provincia.

I precedenti di Fabio Carlino, 47enne imprenditore salentino che portava le sedicenni negli alberghi di lusso, raccontano vicende note, passate alla storia nonostante lui: il 14 maggio 2004 fu arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip del tribunale di Rimini, nell’ambito dell’inchiesta per la morte del ciclista Marco Pantani, ucciso da un’overdose di cocaina il 14 febbraio 2004 in un albergo di Rimini.

Carlino, che all’epoca condivideva l’appartamento con la coppia di pusher Fabio Miradossa e Ciro Veneruso (ritenuti coloro che passarono la droga al ciclista), fu condannato in primo e secondo grado a 4 anni e mezzo di carcere e poi, il 9 novembre 2011 assolto dalla Cassazione perché ritenuto estraneo alla fornitura di sostanze stupefacenti e – facevano notare i giudici – non praticava questo business. Anzi aveva chiesto al pusher del Pirata, di non vendere più nulla all’ex campione di ciclismo che con il suo comportamento assillante’ dava molte seccature.

«Emerge evidente – scrivevano gli Ermellini nelle motivazioni alla sentenza – l’estraneità di Carlino non solo rispetto alla compravendita dello stupefacente, ma anche rispetto alla fase della consegna».

Ma a suo carico risultano anche altri precedenti per maltrattamenti contro familiari e conviventi, favoreggiamento nei confronti di soggetti implicati nello spaccio, fino ad essere denunciato ad aprile 2022 (nello stesso periodo in cui avrebbe frequentato le minorenni) in codice rosso per percosse, furto e appropriazione indebita.

Era sempre lui che, come emerge dagli atti dell’inchiesta della Procura di Bari, avrebbe pagato in anticipo una suite da 340 euro in un noto albergo di lusso cittadino, ma poi sarebbe andato via dal ristorante, senza pagare il pranzo offerto anche alle ragazze, comprensivo di Dom Perignon.

Ancora lui che avrebbe regalato loro scarpe griffate e una carta di credito “oro”, intestata alla sua società, con sede a Roma, ma subito bloccata quando fu ritrovata per caso dalla mamma di una delle sedicenni nella borsetta.

Ma dalle carte delle indagini condotte dagli investigatori della Squadra Mobile e coordinate dal sostituto procuratore Matteo Soave, emerge anche la prospettiva di business che le maitresse maggiorenni avevano creato. «Ma tu hai capito come stiamo salendo? – dice Marilù Lopez alla “socia” Federica De Vito – Stiamo salendo, sei persone di cui tre lavorano, e io non so se lavorerò».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version