Crac Fse, la verità di Fiorillo: «Agivo d’intesa col Ministero»

«Nella gestione delle Ferrovie Sud-Est mi sono sempre mosso nel quadro normativo di riferimento d’intesa con il ministero dei Trasporti». Lo ha spiegato ieri ai giudici del Tribunale di Bari Luigi Fiorillo, ex amministratore unico di Fse, ascoltato in aula per il controesame nell’ambito del processo sul crac della società.

Secondo l’accusa Fiorillo, in concorso con consulenti e funzionari di Fse e di altri imprenditori avrebbe distratto fondi causando un buco nel bilancio di 230 milioni di euro nel corso della sua gestione tra il 2011 e il 2015. Con lui sono imputate altre 14 persone con le accuse a vario titolo di bancarotta fraudolenta, documentale, societaria e patrimoniale e di dissipazione e distrazione di fondi. Al collegio, presieduto dalla giudice Rosa Calia Dipinto, Fiorillo ha spiegato l’impostazione originaria della società e ha ricostruito la storia normativa delle ferrovie in concessione. L’ex amministratore unico ha ribadito di essersi mosso all’interno del sistema normativo delle concessioni, al quale si è sempre adeguato, e di aver agito sotto il controllo e con il consenso del Mit che deteneva il cento per cento delle partecipazioni. Alla Procura, che fra le altre cose gli contesta l’iscrizione in bilancio, come crediti, di risorse regionali incerte, Fiorillo ha risposto di aver agito in base a previsioni normative mai messe in discussione né dalla Regione e nemmeno dal ministero dei Trasporti. Sempre secondo la ricostruzione dell’ex manager, la concessione prevedeva l’indicizzazione del prezzo pagato dalla Regione Puglia. Importi che l’ente non ha mai negato – riferisce l’imputato – ma che sono stati corrisposti senza rispettare i tempi a causa del ritardo dei trasferimenti del Mit. Durante l’udienza è stato ascoltato anche Enrico Laghi, consulente delle Ferrovie dello Stato che hanno acquisito Fse e che si sono costituite parte civile nel processo. Laghi ha analizzato il danno economico causato alle Ferrovie dello Stato dai maggiori investimenti messi in campo dopo l’acquisizione di Fse per fronteggiare la gestione precedente della società.

Davanti ai giudici è comparso anche Fabrizio Romano Camilli, imputato nel processo con l’accusa di aver contribuito al danno patrimoniale di Fse in qualità di amministratore pro tempore e direttore generale del fornitore di carburante Svicat. Secondo i pm Camilli avrebbe venduto gasolio alla società a un prezzo maggiorato del 40% rispetto a quello di mercato e in violazione del contratto sottoscritto. In questo modo avrebbe causato un danno economico di 14 milioni di euro. Camilli si è difeso spiegando di aver rispettato i termini dell’accordo e venduto alle Ferrovie Sud-Est, in esclusiva, un carburante sperimentale meno inquinante ricevuto da Eni: un prodotto quindi più costoso rispetto agli altri presenti sul mercato al momento dei fatti contestati. Il controesame in aula di Fiorillo proseguirà il prossimo 21 marzo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version