Si è protratta fino al tardo pomeriggio di oggi la discussione delle difese nel processo, in corso nel tribunale di Bari, sul crac da 230 milioni di Ferrovie del Sud Est, per il quale la Procura di Bari ha chiesto 13 condanne dai tre ai 12 anni di reclusione.
Nell’udienza di oggi hanno discusso gli avvocati dei due imputati principali, l’ex amministratore unico Luigi Fiorillo e l’avvocato Angelo Schiano (considerato amministratore occulto della società) e dell’ex dirigente Francesco Paolo Angiulli. Nei loro confronti la Procura ha chiesto condanne rispettivamente a 12, 10 e 5 anni di reclusione.
A inizio udienza, prima che prendessero parola gli avvocati, lo stesso Fiorillo ha rilasciato dichiarazioni spontanee: «In tutti gli interventi che ho fatto non ho mai violato il codice degli appalti, che è stato applicato alla lettera, così come non ho violato le norme nella mia veste di rup», ha detto. «Diversi interventi – ha aggiunto – andavano fatti perché lo stabiliva lo stesso statuto di Fse, altrimenti avremmo dovuto chiudere la rete ferroviaria. I binari risalivano al 1905, erano in condizioni peggiori dei treni».
Gli avvocati di Fiorillo, Schiano e Angiulli hanno tutti chiesto l’assoluzione per i rispettivi assistiti.
Nella prossima udienza del 16 febbraio ci saranno eventuali repliche e controrepliche, la sentenza è invece prevista per il primo marzo.
Secondo l’accusa Fiorillo, in concorso con consulenti e funzionari della società oltre che con imprenditori, avrebbe distratto fondi causando così il crac da 230 milioni di euro nel corso della gestione di Fse fra il 2001 e il 2015. Agli imputati sono contestati – a vario titolo – i reati di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale, di dissipazione e distrazione di fondi.