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Crac Ferrovie del Sud Est, la Regione Puglia chiede danni per 50 milioni di euro

La Regione Puglia chiede di riconoscere la responsabilità penale degli imputati nel processo per il crac da oltre 230 milioni delle Ferrovie del Sud Est e il pagamento di una provvisionale da 50 milioni di euro nei confronti dell'ente, di cui 43 milioni per danni patrimoniali e 7 per danni di immagine. È quanto ha…

La Regione Puglia chiede di riconoscere la responsabilità penale degli imputati nel processo per il crac da oltre 230 milioni delle Ferrovie del Sud Est e il pagamento di una provvisionale da 50 milioni di euro nei confronti dell’ente, di cui 43 milioni per danni patrimoniali e 7 per danni di immagine.

È quanto ha chiesto l’avvocato Gianluca Loconsole, che rappresenta la Regione, nell’udienza del processo in cui l’ente si è costituito parte civile.

«È impossibile non riconoscere nella Regione Puglia la qualifica di persona offesa» nella vicenda del crac di Ferrovie del Sud-Est, «sia per danni patrimoniali che per i danni non patrimoniali», ha affermato l’avvocato. «La Regione finanziava la gran parte delle opere di Fse, sui treni c’era il logo regionale. L’ente e 4 milioni di pugliesi vogliono sapere come sono stati spesi i soldi, perché hanno dovuto subire condizioni disumane di viaggio tra treni in ritardo, corse soppresse e mezzi che non circolavano perché non poteva essere garantita l’assistenza. Mentre i cittadini pugliesi vivevano questi disagi, nella direzione generale di Fse i soldi pubblici venivano sperperati in esternalizzazioni» e nel pagamento di «compensi fuori da ogni logica di mercato e ogni etica», ha detto l’avvocato.

«Fse avrebbe dovuto operare seguendo i principi di legalità, etica ed efficienza – ha aggiunto l’avvocato – ma la vicenda Fse ha messo in risalto quello che nessun cittadino vorrebbe mai vedere e subire. L’agire dei soggetti che operavano nell’azienda ha esaltato una costante violazione dei principi di legalità ed efficienza, nonché una pressoché totale assenza di etica».

Nell’udienza precedente la Procura ha chiesto 13 condanne da tre a 12 anni per gli imputati, la pena massima è stata chiesta per l’ex amministratore unico Luigi Fiorillo.

Agli imputati sono contestati – a vario titolo – i reati di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale, per dissipazione e distrazione di fondi. Secondo l’accusa l’ex amministratore unico della società Luigi Fiorillo, in concorso con consulenti e funzionari della società, oltre che con imprenditori, avrebbe distratto fondi causando così il crac da 230 milioni di euro nel corso della gestione di Fse fra il 2011 e il 2015.

Anche Ferrovie dello Stato ha chiesto una provvisionale di 245 milioni di euro: 45 per Fs e 200 per Fse.

«L’immagine di Fse e Ferrovie dello Stato è stata infangata da questa vicenda giudiziaria», ha affermato l’avvocato Mario Zanchetti, legale di Ferrovie dello Stato e Ferrovie del Sud Est (quest’ultima acquistata dalla prima nel 2016), durante una discussione durata quasi tre ore nel processo sul crac di Fse in cui le due società sono costituite parte civile. «Il totale stato di degrado dei treni e la scarsità dei servizi resi ai cittadini, conseguenza diretta delle malefatte a livello gestionale, hanno leso l’immagine di Fse, considerata da tutti come una società inaffidabile e totalmente incapace di gestire il servizio di trasporto pubblico della Regione Puglia. Tanto ha ingenerato una fortissima sfiducia nei passeggeri, stanchi di far fronte ai continui disagi, sospensioni, cessazioni dei trasporti e, soprattutto, di viaggiare in condizioni di precaria sicurezza».

«Non si è mai visto, che io sappia – ha aggiunto Zanchetti – un processo per bancarotta che avesse a che fare con una società a totale controllo pubblico e che gestisse un servizio pubblico. Fse non è certo l’unica società a controllo pubblico i cui vertici abbiano, per anni (magari decenni), speso liberalmente le risorse a favore di amici e sodali: ma è l’unica finita in dissesto. All’inizio del 2016 – ha aggiunto – la società aveva una situazione debitoria pari ad almeno 311 milioni di euro, due volte il fatturato annuo». Zanchetti ha spiegato che a quella situazione si era arrivati perché «la società, anno dopo anno, spendeva di più di quanto incassava dalla Regione».

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