Costretta a vivere in una grotta, picchiata e abusata: condannati i genitori di una ragazza disabile di Taranto

Arriva dalla provincia di Taranto una terribile storia di violenze fisiche e morali e abusi sessuali ai danni di una minorenne disabile da parte del padre con la connivenza, concorso omissivo lo chiamano i giudici, della madre. I due, di 49 e 44 anni, sono stati condannati in tutti i gradi di giudizio rispettivamente a sei e quattro anni di reclusione per violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia.

La sfortunata protagonista di questa terribile vicenda oggi ha 23 anni. È assistita da un curatore speciale che a processo si è costituita parte civile con l’avvocato Alessandra Tracuzzi. I due imputati dovranno risarcire la figlia con 300mila euro e una provvisionale, cioè un risarcimento immediato, di 50mila euro.

Le violenze, secondo quanto raccontano gli atti del processo, sono iniziate fin dalla tenera età e intorno ai quattordici anni la ragazzina è finita preda anche dei malati appetiti sessuali del padre, che già per qualunque motivo da anni la picchiava, privandola perfino del cibo. L’inchiesta è nata grazie alla segnalazione del dirigente della scuola frequentata dalla ragazzina, gravata da ritardo mentale, fin dal 2007.

Gli investigatori della questura raccolsero le relazioni di assistenti sociali e insegnanti di sostegno. Furono proprio due insegnanti a cui la bimba era affidata a scoprire la sconvolgente realtà in cui viveva la piccola. Nel 2008 si recarono a casa sua e scoprirono che la famiglia viveva in pratica in una grotta, uno scantinato sotto all’abitazione dei nonni paterni (in un centro della provincia ionica) senza aria, luce e bagni, tra miasmi nauseabondi. Le insegnanti notarono anche una sessualizzazione precoce nella bimba. Quelle poche volte che andava a scuola, la bimba ci arrivava malnutrita, sporca e maleodorante e manifestava sempre più comportamenti disadattivi. Nel 2014, quando la ragazzina frequentava le scuole medie, aveva confessato a un’insegnante che il padre da anni la maltrattava. Disse che per ogni scusa lui prendeva a insultarla, la strattonava dai capelli, le piegava il braccio dietro alla schiena, la percuoteva con uno zoccolo di legno. Durante i colloqui la minore sembrava terrorizzata. Seduta dalla parte degli insegnanti chiedeva protezione dal padre. A novembre del 2014, poi, parlando di riproduzione, la ragazzina aveva chiesto all’insegnante se avesse potuto avere un bambino da suo padre.

In un colloquio, registrato dalla professoressa, aveva pregato la stessa di non «dire al Comune delle mazzate» altrimenti sarebbe stata picchiata di nuovo. Il padre, raccontano le sentenze, scoprì delle confidenze e dopo aver pestato per l’ennesima volta la ragazzina, la costrinse a scrivere una lettera in cui ritrattava il suo racconto. Dopo essersi chiusa in se stessa per mesi, a marzo del 2015 la ragazzina ha chiesto all’insegnante di aiutarla ad andare a vivere dalla nonna. «Se io parlo – ha detto – mio padre mi prende a mazzate e brucia le mie cose». E ancora, parlando di sesso, aveva spiegato di aver visto riviste e filmati sul tema con papà e i suoi amici. Nel 2016, nel corso di un drammatico incidente probatorio davanti al giudice Pompeo Carriere, la vittima ancora minorenne ha raccontato che il padre «faceva con lei quello che doveva fare con la mamma». Nel corso del processo il padre orco non ha mai risposto alle domande dei giudici. Corte d’appello e cassazione hanno confermato il verdetto. I due ex genitori, a pena espiata, non potranno avvicinarsi a luoghi frequentati da minori.

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