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Class action per la chiusura dell’ex Ilva. I giudici: «È materia della Corte Ue»

La sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, presieduta da Angelo Mambriani, ha sospeso il procedimento instaurato con una class action da alcuni cittadini di Taranto che chiedevano, in sostanza, la chiusura dell'ex Ilva per problemi ambientali e sanitari. I giudici hanno rimesso alla Corte di Giustizia europea «tre questioni concernenti…

La sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale civile di Milano, presieduta da Angelo Mambriani, ha sospeso il procedimento instaurato con una class action da alcuni cittadini di Taranto che chiedevano, in sostanza, la chiusura dell’ex Ilva per problemi ambientali e sanitari.

I giudici hanno rimesso alla Corte di Giustizia europea «tre questioni concernenti l’interpretazione della normativa europea in materia di emissioni inquinanti di impianti industriali in relazione alle norme italiane».

Il Tribunale milanese intende capire, in sostanza, quali risposte e interpretazioni darà la Corte dell’Ue sul fatto che le normative italiane sul caso del polo siderurgico siano o meno compatibili con quelle europee.

Le tre questioni, come spiegano il presidente facente funzione del Tribunale di Milano Fabio Roia e quello della Sezione specializzata Mambriani, riguardano il «ruolo della Valutazione di Danno Sanitario nel procedimento di rilascio e riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia)», il «set delle sostanze nocive che devono essere considerate ai fini del rilascio e riesame» dell’Aia e in più i «tempi di adeguamento delle attività industriali svolte alle prescrizioni» dell’Aia.

Da oltre un anno (prima udienza nel 2021) pendeva la class action intentata da un gruppo di cittadini di Taranto con una richiesta di «inibitoria collettiva» per chiedere la «cessazione delle attività dell’area a caldo» dell’ex Ilva, la «chiusura delle cokerie, l’interruzione dell’attività dell’area a caldo fino all’attuazione delle prescrizioni» dell’Aia, che scade nell’agosto 2023. E la «predisposizione di un piano industriale che preveda l’abbattimento delle emissioni di gas serra di almeno il 50%». Al momento, in pratica, i giudici hanno ravvisato alcune criticità tra le misure italiane per l’organizzazione tecnica degli impianti e gli effetti nocivi sulla salute e hanno chiesto alla Corte europea di verificare se ciò sia conforme alle normative Ue.

Oggi è arrivata l’ordinanza del Tribunale che ha rimesso il caso davanti ai giudici della Corte con sede in Lussemburgo. Anche il Governo a questo punto dovrà fornire chiarimenti alla Corte sulle norme italiane in relazione a quelle europee. Di fatto questa decisione odierna, comunque, non ha conseguenze sulle attività dello stabilimento tarantino.

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