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Cerignola, rubano 40 quintali di olive in un terreno confiscato alla mafia e aggrediscono un operatore

Ignoti sono stati sorpresi mentre rubavano un'ingente quantità di olive nei terreni confiscati alla mafia e gestiti dalla cooperativa sociale Altereco a Cerignola. I fatti risalgono al 19 settembre scorso quando, stando alla ricostruzione della cooperativa, i ladri avrebbero anche aggredito un operatore che li ha sorpresi a rubare. Complessivamente è stato rubato circa il…

Ignoti sono stati sorpresi mentre rubavano un’ingente quantità di olive nei terreni confiscati alla mafia e gestiti dalla cooperativa sociale Altereco a Cerignola.

I fatti risalgono al 19 settembre scorso quando, stando alla ricostruzione della cooperativa, i ladri avrebbero anche aggredito un operatore che li ha sorpresi a rubare. Complessivamente è stato rubato circa il 90 per cento del raccolto, circa 40 quintali di olive.

A un mese di distanza è partita una raccolta fondi sul sito GoFundMe per sostenere Altereco che si occupa della gestione del terreno che si trova a diversi chilometri dal centro abitato ed è intitolato alla memoria di Michele Cianci, il commerciante assassinato il 2 dicembre del 1991 dalla criminalità organizzata per essersi ribellato ad un furto nella sua armeria.

Il caso è all’attenzione della polizia a cui è stata sporta denuncia con tanto di materiale fotografico allegato.

«Vorremmo giustizia», afferma il presidente della cooperativa Altereco, Vincenzo Pugliese: «Ci piacerebbe vedere che i ladri fossero catturati e ricevessero la loro giusta condanna, ma siamo curiosi di capire chi ha acquistato le nostre olive visto che non sono così tante le strutture dove si lavora un’oliva Dop del genere. Il bene Michele Cianci – sottolinea – è un bene confiscato situato in un’area addentrata, lavorare lì non è semplice, ma il giorno dopo eravamo lì come sempre a lavorare, a raccogliere peperoni e melanzane, perché lì coltiviamo speranza, una speranza concreta che passa attraverso il lavoro».

La raccolta fondi, conclude Pugliese, «è stata lanciata non solo per cercare di tamponare l’evidente problema che ci è stato arrecato, ma per condividere il danno con la gente del posto, per renderla partecipe, per far capire che i beni confiscati non sono un patrimonio di chi li gestisce o di chi ci lavora, ma di tutta la comunità. Sono luoghi da cui partono idee di cittadinanza».

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