La Procura generale di Lecce non ha accolto la richiesta della famiglia di Patrizia Nettis di avocare le indagini della Procura di Brindisi sulla morte della giornalista 41enne trovata impiccata il 29 giugno scorso nell’appartamento in cui viveva a Fasano, in provincia di Brindisi.
La famiglia, rappresentata dal legale Giuseppe Castellaneta, non ha mai creduto alla tesi del suicidio e per questo ha già avanzato tre richieste alla Procura di Brindisi affinché disponga l’autopsia. Ma al momento la richiesta non è stata accolta da parte dei pm titolari del fascicolo.
Nelle scorse ore, invece, è giunta la comunicazione di non luogo a procedere da parte della Procura generale di Lecce per l’avocazione delle indagini. Nell’inchiesta per la morte di Patrizia Nettis è indagato un uomo, che in passato ha avuto una relazione sentimentale con la donna. L’imprenditore è accusato di istigazione al suicidio e atti persecutori.
Nelle scorse settimane, si era svolta una fiaccolata in ricordo di Patrizia, ma anche e soprattutto in nome della verità, quella verità che i suoi genitori continuano a cercare. «Questa fiaccolata è l’ennesimo invito ad andare a testimoniare a chi sa – aveva detto Vito Nettis, il suo papà – Mi sento anche un po’ in difficoltà a rivolgere questo appello ai cittadini perché gli sto chiedendo di esporsi in un eventuale processo quando chi lavora in Procura, per il momento, non ha fatto nemmeno il minimo sindacale, cioè concedere l’autopsia».
Nei mesi scorsi erano state rese note chat dai contenuti sessisti, con insulti nei confronti della donna. Protagonisti dello scambio di messaggi i due uomini, il compagno e l’ex, che la sera del 28 giugno sono stati visti litigare con lei sotto casa, in una conversazione e tre dai toni molto accesi. Nella chat i due uomini, con complicità, la chiamano “cosa”.