Ricorre ai giudici del Riesame di Potenza l’ex “collega” della fallimentare di Lecce, Piero Errede, finito ai domiciliari il 29 maggio scorso con l’accusa di tentata concussione, tentata estorsione, estorsione consumata e più ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Ieri mattina, ultimo termine utile previsto dalla legge, il suo legale, l’avvocato Michele Laforgia, ha presentato appello al tribunale della libertà.
Il magistrato, originario del Barese e negli ultimi mesi trasferito a Bologna (dopo che aveva subito la prima perquisizione nell’ambito della stessa inchiesta della Procura potentina), con la complicità e il sostegno del suo compagno, l’avvocato Alberto Russi, e tre commercialisti (Massimo Bellantone, Marcello Paglialunga ed Emanuele Liaci), avrebbe fatto «un uso strumentale dell’attività giudiziaria – si legge nella misura cautelare firmata dal gip di Potenza Lucio Setola – utilizzata per procacciare utilità personali non solo al magistrato (vacanze, preziosi, device, feste) ma anche ai professionisti che ruotavano intorno a lui, che beneficiavano degli incarichi dati dal magistrato e che per questo lo ricambiavano».
Secondo quanto ricostruito dalle indagini dei finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce, si era avviato «un meccanismo di reciproco scambio, fondato, da una parte, sull’assegnazione degli incarichi maggiormente remunerativi da parte del giudice a vari professionisti e, dall’altra, sull’ottenimento da parte del giudice di regalie e altre utilità».
Una parte degli episodi corruttivi contestati dalla procura potentina non sono stati riconosciuti come tali dal gip, e per questo nei giorni scorsi lo stesso procuratore Francesco Curcio, l’aggiunto Maurizio Cardea e i pm Anna Piccininni e Vincenzo Montemurro, hanno presentato appello, ribadendo la valenza penale degli episodi descritti.
Ma non solo: hanno insistito perché fosse sottoposto agli arresti domiciliari (come già chiesto) anche un altro giudice, il presidente della sezione fallimentare del tribunale di Lecce, Alessandro Silvestrini.
Sono dedicate a lui una buona parte delle intercettazioni telefoniche e ambientali, raccolte dalla finanza, e testimonierebbero un particolare rapporti (di scambio, secondo gli inquirenti, di amicizia per il gip) con uno degli arrestati, il commercialista Bellantone, al quale avrebbe assegnato nel tempo numerosi incarichi relativi a procedure fallimentari, in cambio, sostiene la Procura, di un suo interessamento presso forze politiche (della Lega e di Forza Italia) perché fosse eletto a presidente del tribunale.
Nel maggio 2022, infatti, entrava nel vivo la contesa fra Silvestrini e il collega Tanisi, nei voti della quinta commissione del Csm al plenum. L’intervento della politica, secondo Silvestrini, avrebbe potuto calamitare l’ago della bilancia in suo favore.