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Caso Errede, da Casillo e Maradona l’oro della Fallimentare: indagini sulle collusioni dei giudici

Grano pugliese, barre di oro “good delivery”, la crisi politica del Venezuela, l’intermediazione del “pibe de oro” Diego Armando Maradona, una finta rapina e una società sfumata nelle pieghe di un fallimento. Scenografia da film, nella quale non manca nulla, ma che non scorre sul grande schermo. È, invece, il canovaccio di una inchiesta, coordinata…

Grano pugliese, barre di oro “good delivery”, la crisi politica del Venezuela, l’intermediazione del “pibe de oro” Diego Armando Maradona, una finta rapina e una società sfumata nelle pieghe di un fallimento. Scenografia da film, nella quale non manca nulla, ma che non scorre sul grande schermo. È, invece, il canovaccio di una inchiesta, coordinata dalla Procura di Potenza e condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce.

Un troncone, piuttosto, della grande indagine sulla gestione della sezione fallimentare del tribunale di Lecce, parzialmente conclusasi il 29 maggio scorso con l’arresto, ai domiciliari del giudice Pietro Errede, di un avvocato (il suo compagno) e di tre commercialisti salentini, in un vortice di incarichi giudiziari, procedure fallimentari, accordi e scambi, sullo sfondo di una gestione personale della res publica.

E sul tavolo di Errede arriva, nel giugno scorso, il fascicolo relativo alla Esposito Preziosi spa, società soggetta a procedura fallimentare e convenuta in giudizio per un’azione revocatoria in relazione alla cessione di ramo d’azienda alla “Esposito Group Oro e Metalli Preziosi spa” di cui era amministratore quel Marcello Paglialunga, finito ai domiciliari con Errede tre settimane fa. La storia va raccontata dal principio.

Le forniture di grano.

Nel 2013 la “Casillo Commodities Italia spa, primario operatore nella compravendita internazionale di materie prime agricole (in particolare cereali), attività complementare rispetto a quella tradizionale di trasformazione e molitura, nella quale è da sempre attivo il “Gruppo Casillo”, con sede a Corato (e stabilimenti sul territorio nazionale), sviluppa forti legami commerciali con numerosi mercati esteri, tra i quali il Venezuela. E dal 2014 al 2018, rifornisce e la Corpovex, ossia la “Corporación Venezolana de Comercio Exterior”, creata dalla “Repubblica Bolivariana del Venezuela” per controllare le importazioni, oltre 3 milioni di tonnellate metriche di grano, da pagare in valuta, a mezzo bonifico bancario.

L’intermediazione di Maradona

Un ruolo importante nell’affare se lo ritaglia il pibe de oro, Diego Armando Maradona, proprietario di un’azienda e consulente del Governo Maduro sui mercati europei, che gli avrebbe versato uno stipendio mensile per fare da tramite proprio tra il Governo e l’azienda Casillo, in relazione all’importazione dell’importante materia prima. Lo proverebbero, tra l’altro, alcuni audio whatsapp risalenti al 2018, emerse dopo la morte del calciatore nel novembre 2020, e finite agli atti di un’inchiesta della magistratura di San Isidro proprio sul suo decesso.

L’oro

Ma dal 2015, l’aggravarsi del quadro politico istituzionale dello Stato sudamericano mette in ginocchio la Corpovex che, dopo aver accumulato pesanti debiti con la Casillo, offre a parziale ristoro una tonnellata d’oro “good delivery”, concessa dalla Banca Centrale del Venezuela e dal Fondo di Sviluppo Economico e Sociale del Venezuela. La Casillo accetta e l’oro, 4 colli e 78 barre di oro, il 26 aprile 2019 sbarca in Italia, all’aeroporto di Roma, con un volo charter, poi viene stoccato in un caveau a Caserta e consegnato infine alla società salentina “Esposito Preziosi srl”, “operatore professionale in oro”, con un contratto del 27 giugno 2019 che ne prevedeva il pagamento, tramite bonifico, del valore risultante dalla fusione, 2 milioni 562 mila euro, “entro tre giorni dal ritiro dei prodotti dal deposito”.

La rapina e le cessioni

I giorni passano ma il bonifico non viene effettuato e solo dopo un sollecito via pec, inviato il 5 agosto 2019, un certo Pasquale Mazzola risponde di aver subito il 29 luglio una rapina “ad opera di tre ignoti malfattori” e che tra gli oggetti rapinati c’erano anche le 5 barre d’oro di proprietà della ditta Casillo. Contemporaneamente, però, e precisamente il 12 agosto, l’Esposito Preziosi cede tutti i propri immobili alla “Esposito Group Oro e Metalli Preziosi spa”. Nelle settimane successive, mentre la Casillo notifica un decreto ingiuntivo, vende un ramo d’azienda (con immobili a Catanzaro) alla “G&P Preziosi srl e infine cede definitivamente alla “Esposito Group Oro e Metalli Preziosi spa” l’altro ramo d’azienda (con sede a Racale). Il legale rappresentante delle due società è quel Mazzola, rapinato dell’oro. Una volta svuotata dei beni, non potrà pagare il debito alla Casillo. Contro queste cessioni, si muovono allora i legali di Casillo, che ne chiedono al tribunale fallimentare di Lecce la revocatoria. Il fascicolo finisce sul tavolo del giudice Alessandro Silvestrini. L’udienza viene inizialmente fissata a settembre 2022, ma nel frattempo accadono molte cose.

Le perquisizioni

Il 28 giugno 2022, in esecuzione di un decreto di perquisizione emesso dalla Procura di Potenza, i finanzieri salentini eseguono perquisizioni nei confronti di nove persone indagate, tra le quali Errede, Alberto Russi, Marcello Paglialunga, Emanuele Liaci (tutti poi finiti ai domiciliari), ma anche di quel Mazzola, che non risultava indagato. La Procura ritiene, tra l’altro, che Errede avrebbe intercesso per la Esposito Preziosi spa, soggetta a procedura fallimentare e in piena azione revocatoria per la cessione del ramo d’azienda alla “Esposito Group oro e Metalli Preziosi spa” di cui Paglialunga è amministratori unico, ricevendone in cambio una collana tennis in oro con brillanti.

Gli arresti e la Ferrari

Ma i finanzieri non smettono di indagare e il 22 novembre 2022 arrivano a una rete di società cartiere (italiane ed estere) individuando un complesso sistema di frode fiscale e riciclaggio internazionale di denaro. Grazie a numerosi prestanome, molti dei quali partecipanti all’associazione per delinquere, dal 2016 al 2020, avrebbero utilizzato società “cartiere”, al di fuori del territorio dello Stato, bonificando ingenti somme di denaro giustificate con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, e simulando l’acquisto di “partite” d’oro dall’estero. Il denaro sarebbero stato poi ritirato e reintrodotto sul territorio nazionale, prima di farlo scomparire. Al centro di tutto, ritengono, c’è quell’Emanuele Esposito della collana di brillanti finita al polso di Errede. Tra i beni che la finanza gli sequestrerà anche una Ferrari Testarossa.

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