Brindisi, sui social la foto mentre ricuce un cadavere: la Asl presenta un esposto in Procura

Il comportamento della dipendente della Asl di Brindisi, coordinatrice dell’Anatomia patologica dell’ospedale Perrino del capoluogo adriatico, che a maggio scorso ha pubblicato sui social una foto che la ritrae, sorridente, mentre ricuce un cadavere sul quale aveva effettuato l’autopsia, «lede i principi dell’etica e del comune decoro e viola il codice di comportamento dei dipendenti pubblici».

È quanto fa sapere la direzione sanitaria dell’Asl Brindisi “stigmatizzando” condotta della donna, tecnico sanitario di laboratorio biomedico.

Il direttore generale della Asl, Maurizio De Nuccio, fa sapere di avere intenzione di presentare «un esposto alla Procura della Repubblica affinché valuti eventuali fattispecie di reato». A livello aziendale, invece, «il caso è stato segnalato all’Ufficio Procedimenti disciplinari per le determinazioni di competenza, mentre il direttore di Anatomia patologica ha avviato una istruttoria interna per l’accertamento dei fatti».

Dall’Azienda sanitaria brindisina, inoltre, ricordano che «le norme di comportamento sono contenute in regolamenti aziendali e codici disciplinari, richiamate con circolari interne che ciclicamente ne rammentano l’osservanza, a tutela dell’immagine e del buon andamento dell’attività». Proprio oggi, a tal proposito, è stata «emanata e diffusa a tutto il personale una nota di richiamo al nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 81/2023), con particolare riferimento agli articoli che riguardano l’uso delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e corretto utilizzo dei social media».

Su quanto accaduto interviene anche il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Brindisi, Arturo Antonio Oliva, affermando che «le immagini non lasciano dubbi e impediscono equivoci interpretativi. L’assenza di “pietas” nell’occasione è evidente e configura una condotta che offende e ricusa qualsiasi valore etico e sociale, negando il rispetto per la dignità dovuta al corpo di un defunto».

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