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Bari, la vicenda Filograno: «Una deprecabile catena per intenti vendicativi»

«Una deprecabile catena, che ha visto coinvolti professionisti, esponenti delle forze dell’ordine e pregiudicati di mezza tacca, per turpi intenti vendicativi legati ad una banale vicenda di tradimento coniugale». È tutta in questo stralcio della motivazioni firmate dalla seconda sezione penale della Corte d’appello, la storia di 26 grammi di cocaina piazzati nell’auto di un…

«Una deprecabile catena, che ha visto coinvolti professionisti, esponenti delle forze dell’ordine e pregiudicati di mezza tacca, per turpi intenti vendicativi legati ad una banale vicenda di tradimento coniugale». È tutta in questo stralcio della motivazioni firmate dalla seconda sezione penale della Corte d’appello, la storia di 26 grammi di cocaina piazzati nell’auto di un ignaro imprenditore, “colpevole” di aver avviato una relazione sentimentale con una donna all’epoca sposata.

La sentenza ribaltata

Il 4 luglio scorso, i magistrati di secondo grado (presidente Antonio Civita, consigliere relatrice Rosanna Maria Defraia) hanno ribaltato la sentenza di primo grado di assoluzione, con il rito abbreviato, emessa dalla gup Antonella Cafagna il 2 ottobre 2023, condannando l’avvocato barese Gaetano Roberto Filograno (assistito dall’avvocato Guido Ceci) a 2 anni e 8 mesi di reclusione e 12mila euro di multa. Hanno poi confermato la condanna dell’ex finanziere Enzo Cipolla (difeso dall’avvocato Salvatore Campanelli) a un anno e quattro mesi.

La vicenda

È quella consumatasi ai danni di un imprenditore barese, attuale compagno della ex moglie di Filograno, nella cui auto furono trovati 26 grammi di cocaina. Dopo l’onta dell’arresto e la fatica di un processo, nel 2017 l’uomo (assistito dall’avvocato Michele Laforgia) fu assolto dalla gup Anna Perrelli con formula piena. In ballo c’erano anche altre denunce, presentate da lui e dalla compagna contro Filograno per stalking. In sostanza, per la Procura di Bari, sarebbe stato il penalista con la complicità del collega e amico Nicola Loprieno e di un terzo uomo vicino ad ambienti malavitosi, a fare collocare la droga nell’auto. Non solo: sarebbero stati sempre loro a utilizzare la mediazione del finanziere amico per una “soffiata”, che portò alla perquisizione e all’arresto.

Le motivazioni

I giudici di appello si soffermano in particolare su due questioni: una legata alla qualificazione del reato che, a parere della gup non poteva essere configurato come spaccio di droga, ma che invece lo è. Si concentrano poi nella descrizione dei rapporti che legano Filograno, Loprieno (per i quali è stato deciso un nuovo processo), il maresciallo della guardia di finanza, Furchì (colui che avrebbe indicato a Galli l’auto da perquisire) e il pregiudicato Nicola Piperis. «Amici di lunga data», li qualificano i giudici, che scrivono di «feste e cene organizzate dal Loprieno, di una vacanza in Abruzzo, di frequentazioni nel locale gestito da Loprieno».

Per i giudici, «è evidente che l’unica persona che poteva avere interesse a far calunniare Galli e farlo arrestare per un reato mai commesso è il Filograno, il quale nutriva un odio implacabile nei confronti del Galli, reo di aver intrapreso una relazione con sua moglie, e nei confronti del quale aveva più volte manifestato intenti vendicativi»

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