Quando diventerà maggiorenne, ha detto e ripetuto anche sui suoi profili social, prenderà il cognome di quell’uomo che considera suo padre, ma anche il suo idolo, un esempio da seguire sul percorso di crescita.
Sedici anni e l’abitudine a estrarre la pistola per regolare affari: uno sguardo di troppo, una spinta involontaria, un’avance alla sua “donna”, un ‘no’ alle sue richieste. È lui, figlio della moglie di un noto boss del clan Strisciuglio, uno dei protagonisti dell’ultima sparatoria in ordine di tempo, quella all’alba di due giorni fa in via Guglielmo Appula al quartiere Japigia di Bari.
Sempre lui, che nei mesi scorsi, secondo quanto ricostruito dagli investigatori della squadra Mobile (guidati dal dirigente Filippo Portoghese), avrebbe partecipato ad altri agguati e avrebbe avuto anche discussioni con i figli di Lello Capriati, ucciso da quattro colpi di pistola calibro 9 la sera di Pasquetta nel quartiere Torre a mare.
Era lui, dunque, nella Fiat Panda con un altro sedicenne e i tre maggiorenni che i carabinieri hanno fermato subito dopo aver sparato: Giuseppe Potente, 23enne residente al quartiere Libertà, Alessandro De Serio, 19 anni, residente a Modugno, e Michele Coppa, anche lui 19enne, di Modugno. L’altro 16enne è stato bloccato in via Pezze del sole mentre, con la pistola tra le mani, tentava di scappare a piedi.
Non si sa, allora, se a sparare sia stato quest’ultimo, o se si sia semplicemente offerto di far sparire l’arma, senza riuscirci. Di certo c’è che, almeno per il coetaneo che si trovava nella Panda il richiamo del sangue non è bastato a risparmiare il 20enne Raffaele Lafirenze, con precedenti di polizia, che è rimasto ferito da una scheggia del parabrezza, andato in frantumi per i colpi sparati. Lui e il sedicenne che studia da boss sono parenti. La vittima, medicata al pronto soccorso del Policlinico e subito dimessa, era in un’Alfa Romeo Mito con un coetaneo, Pasquale Bartoli, e il 19enne Michele Accogli, tutti del quartiere Japigia.
L’ultima sparatoria, allora, ben si inserisce nella scia di sangue e piombo che segna gli ultimi mesi in città e della quale si confermano protagonisti i giovanissimi, quelli che il sociologo e criminologo Domenico Mortellaro chiama la “Primavera criminale”. Minorenni con una elevata disponibilità di armi nei depositi della mala, gli adulti detenuti e la voglia di studiare da boss, atteggiandosi a mafiosi, in pieno stile Gomorra. Pronti a sparare in discoteca, senza più freni inibitori, drogati di adrenalina e modelli negativi, a emulare i videogiochi più feroci e le fiction più trash. Pericolosi, a maggior ragione, come le ultime sparatorie in città, da Carbonara a Torre a mare, lo dimostrano.