Bari, i “predoni” dell’Oncologico risarciscono per patteggiare

Per sette anni avrebbero portato via farmaci di ogni genere, siringhe, flebo, cateteri, port-a-cath, garze, pannoloni, traverse e altro materiale per “alimentare” l’attività domiciliare in nero (prelievi in casa, medicazioni, somministrazioni di flebo, eccetera) che svolgevano quotidianamente. I predoni dell’Oncologico di Bari, sorpresi a settembre scorso dagli agenti della polizia giudiziaria, coordinati dal pm Ignazio Abbadessa, fanno mea culpa e scelgono la strada del patteggiamento, che prevede (in base alla nuova normativa) il risarcimento del danno. Lo hanno chiesto tutti coloro che erano stati sottoposti a misura cautelare, mentre gli altri indagati hanno annunciato che chiederanno il rito abbreviato. Sulle richieste deciderà il prossimo 27 settembre la gup Ilaria Casu.

La denuncia
L’inchiesta fu avviata a seguito di una denuncia da parte di una dipendente dell’IRCCS Giovanni Paolo II arrivata nel 2020. Gli agenti decisero quindi di procedere con le perquisizioni, eseguite nel mese di giugno 2021 e culminate con il sequestro di ingenti quantità di presidi medico-ospedalieri di appartenenza del nosocomio e, dunque, pubblica.
Le indagini sono poi proseguite con intercettazioni telefoniche e ambientali audio/video all’interno dei locali del reparto di Oncologia Medica, anche grazie alla collaborazione dei dirigenti del IRCCS.

Le misure cautelari
A settembre scorso, infine, sono state eseguite le sei misure cautelari nei confronti di dipendenti ed ex dipendenti: una interdizione dai pubblici uffici, un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e quattro divieti di dimora nel comune di Bari (questi ultimi nei confronti di quattro medici ormai in pensione): Onofrio Costanzo, di 56 anni, la caposala Maria Longo, di 61, l’infermiera Maria Elizabeth Pompilio, di 51, Michele Antonacci, di 66 anni, Carlo Romito, 70enne, e Basilio Damiani, di 63 anni. Altre sette le persone indagate, tra le quali l’oncologo Vito Lorusso, padre della ex consigliera comunale Mari, entrambi finiti agli arresti domiciliari nella maxinchiesta Codice Interno per voto di scambio politico-mafioso. L’indagine sui farmaci aveva invece evidenziato “il diffuso disinteresse documentato da parte del personale per legge tenuto alla corretta custodia dei beni”.

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