La comunità degli occupanti dell’ex Socrate in via Fanelli ha chiesto ufficialmente un incontro alla Prefetta di Bari per bloccare lo sgombero forzato della struttura in via Fanelli annunciato dall’amministrazione cittadina in un incontro tenutosi lo scorso 25 maggio tra gli abitanti dell’ex Socrate e il sindaco Decaro con gli assessori Francesca Bottalico e Giuseppe Galasso.
A sostenere gli abitanti della scuola abbandonata ormai da anni, anche la comunità del Bread and Roses che ha pubblicato un appello sui social. «Negli ultimi anni la città di Bari ha visto un incremento di famiglie sotto sfratto e/o sfrattate, dati che la stessa amministrazione rende pubblici proprio nelle ultime settimane (400 nuclei) a cui si aggiunge il numero di persone “dimesse” da strutture di accoglienza emergenziali e temporanee che trovano nel sottopasso della stazione cubicoli in cui albergare – scrive l’associazione – In questo quadro emergenziale si inserisce lo sgombero forzato dell’ex Scorate ai cui abitanti esprimiamo solidarietà».
L’associazione ha anche ricordato che nell’ultimo incontro con l’amministrazione comunale gli abitanti hanno ribadito la loro volontà di contribuire a trovare una soluzione dignitosa ricordando che per ben 13 anni hanno proposto tavoli di concertazione, «compresi gli ultimi in cui, dal fatidico 22 dicembre 2020, sono stati privati di energia elettrica ed acqua corrente. Da allora, la comunità vive nel terrore di un’incursione. Esattamente come in passato si resta insonni, prossimi al perdere tutto e ferite mal cicatrizzate, in questi ultimi giorni, più di prima, tornano a farsi sentire».
«Assunto che il diritto alla casa è un bisogno primario che trascende lo status giuridico e le peculiarità individuali – aggiungono nell’appello – è anche innegabile che la comunità dell’ex Socrate, composta per lo più da rifugiati eritrei, etiopi e sudanesi abbia già abbondantemente pagato lo scotto delle carenze strutturali e le scelte fortemente escludenti e non sempre attente al rispetto dei diritti fondamentali caratterizzanti il sistema di accoglienza italiano. Uno sgombero coatto, nelle note modalità, senza alternative dignitose e praticabili, sarebbe l’ennesimo atto di forza che stratifica precarietà e traumi in chi è già portatore di ferite e bagagli emotivi che pesano come macigni».