Bari, è malato e non può stare in cella ma le foto sui social smentiscono il rampollo dei Palermiti

Una discopatia che sin dal 2020 lo tormenta e lo rende incompatibile con la detenzione in carcere, ma che deve avergli dato tregua quando, immortalato dagli scatti di familiari orgogliosi, impennava la sua potente Honda Africa Twin, nelle campagne del quartiere Japigia di Bari.

Tutti i mali dietro le sbarre

La storia clinica di Gianni Palermiti, rampollo del capoclan Eugenio, in carcere dal 2022 per l’agguato ai fratelli Walter e Alessandro Rafaschieri del 28 settembre 2018 in cui morì il primo e il secondo rimase ferito, è costellata di malori improvvisi, chiamate d’emergenza al medico di turno, terapie e richieste di scarcerazione. Fogli e fogli, appunti vergati a mano che costituiscono la sua cartella clinica e narrano la storia dei primi due anni dietro le sbarre.

Le prime avvisaglie

Sono trascorsi pochi giorni da quando Gianni Palermiti manifesta i suoi primi sintomi, che si alterneranno nei mesi a seguire con una cadenza pressoché settimanale. Si va dalla nausea al mal di denti, dagli svenimenti improvvisi, alle macchie di sangue diluito sulla maglietta, che i medici riconducono ad un taglio in bocca ma che lui accusa come crisi epilettiche. Ancora, la perdita di alcune funzioni fisiologiche, da inquadrare in un contesto clinico piuttosto confuso, fino a quell’intervento alla colonna vertebrale che, spiega, sarebbe stato eseguito nel 2020 circa.

Le fotografie sui social

Sono del 2021 invece le fotografie pubblicate dai suoi familiari sui profili social, che lo ritraggono in ottima forma fisica, in sella a quella potente crossover, intento a mostrare a suo figlio come si impenna. Momenti potenzialmente successivi all’intervento ma antecedenti alla discopatia di cui soffre da quando è detenuto: Gianni impenna, riesce a stare in piedi sulla Honda Africa Twin e a non perderne il controllo, sotto il sole, nelle campagne del quartiere Japigia, roccaforte del clan mafioso barese.

Il processo di primo grado

Il 6 dicembre 2022 il gup del tribunale di Bari ha condannato Giovanni Palermiti all’ergastolo nel processo di primo grado con rito abbreviato per il duplice agguato mafioso del 24 settembre 2018 in cui morì Walter Rafaschieri e rimase ferito suo fratello Alessandro. Giovanni Palermiti è accusato di aver organizzato ed eseguito il delitto. Per concorso nello stesso omicidio sono stati condannati, a 20 anni e a 9 anni e 4 mesi, il pluripregiudicato Filippo Mineccia e Domenico Milella (ora collaboratore di giustizia). All’ex comandante della polizia locale di Sammichele di Bari, Domenico D’Arcangelo, è stata inflitta una pena a cinque anni di reclusione con l’esclusione dell’aggravante di mafiosa. Condannati anche Michele Ruggeri (17 anni e 8 mesi), Gianfranco Catalano (9 anni e 5 mesi) e Riccardo Campanale (18 anni). Pene più lievi, comprese fra 4 anni e un anno e due mesi, sono state inflitte ad Ignazio Froio, Domenico Lavermicocca e Francesco Triggiani.

Il processo di appello

È già iniziato, ma è stato rinviato il processo di secondo grado, durante il quale Palermiti ha voluto chiarire il suo ruolo nell’agguato ai Rafaschieri, spiegando di essere stato costretto a far parte del commando dietro minaccia di ritorsioni e dopo essersi reso conto che suo padre non era più in grado di proteggerlo.

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