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Bari, disabile non può uscire a causa dei gradini: «Mia zia segregata da tre anni perché il Comune non realizza la rampa»

La signora Porzia è bloccata in casa da circa tre anni, cioè da quando è scoppiata la pandemia. Esce di rado, solo per sottoporsi a qualche visita medica e solo se c’è qualche volontario che la aiuta. Porzia Carulli, dipendente comunale da poco in pensione, ha 61 anni ed è disabile al cento per cento,…

La signora Porzia è bloccata in casa da circa tre anni, cioè da quando è scoppiata la pandemia. Esce di rado, solo per sottoporsi a qualche visita medica e solo se c’è qualche volontario che la aiuta. Porzia Carulli, dipendente comunale da poco in pensione, ha 61 anni ed è disabile al cento per cento, perché poliomielitica da quando aveva appena otto mesi. Abita insieme alla sorella in una casa popolare di via del Coraggio, al quartiere San Pio. Da quasi due anni sua nipote Sabrina Cippone – che si prende cura di lei – si è attivata affinché il Comune (proprietario della palazzina dove la donna vive) si adoperasse per “eliminare” cinque gradini dell’androne del palazzo, una vera e propria barriera architettonica che da tempo blocca Porzia in casa, la quale tra l’altro utilizza una sedia a rotelle perché il tutore non è più sufficiente. Dagli uffici comunali, però, non è mai arrivata risposta, se non qualche promessa, nemmeno mantenuta. «Siamo esasperati – racconta all’Edicola del Sud Sabrina, nipote di Porzia -. Una volta uscita dall’ascensore, mia zia, costretta a stare in carrozzina, non riesce a scendere quei cinque gradini. È come se avesse solo una gamba e il suo peso non l’aiuta. Questo che le accade è una cosa grave che noi purtroppo non riusciamo a risolvere da soli. La situazione è diventata insostenibile: non è per niente facile, viviamo un estremo disagio».

«Sino a poco fa mia zia lavorava – racconta Sabrina – ed era dipendente all’ufficio elettorale del Comune di Bari. Col tempo, però, la sua condizione di salute si è aggravata tanto da dover andare in pensione in anticipo a causa della disabilità. Anche per avere questa piccola pensione abbiamo dovuto lottare perché, ad esempio, non riuscivamo a ottenere le visite a casa. Lei, purtroppo, da quando è iniziato il Covid non esce più di casa a causa di quei cinque maledetti scalini. Lo fa solo per sottoporsi a visite mediche, ma con estrema fatica perché per farla uscire siamo costretti a pagare un centinaio di euro alla volta ad un’associazione attrezzata di rampa mobile che ci aiuta a farla scendere dal ballatoio del palazzo. Da soli – continua la donna – non ce la facciamo, anche perché purtroppo è un po’ in sovrappeso, dato che è costretta ad una vita sedentaria. Il Covid ha di certo contribuito ad aumentare quella che è la sua disabilità», racconta Sabrina, presa dallo sconforto.

Porzia vive in quell’appartamento da oltre trent’anni ma niente è stato ancora fatto in questa palazzina popolare. Non è bastato che l’amministratore di condominio, dopo una regolare (anche se superflua) assemblea che all’unanimità aveva approvato la richiesta della signora, si rivolgesse al Comune affinché venisse creata una rampa o fosse installato un montacarichi o una pedana per disabili. Non è bastato il sollecito dell’avvocato di Porzia, inviato a inizio del 2022 ma ad oggi ancora senza risposta. Non sono bastati tutti gli incontri negli uffici tecnici di Japigia, ottenuti con difficoltà perché questi sono aperti al pubblico solo alcuni giorni alla settimana e sono privi di recapito telefonico. Ad oggi Porzia è ancora chiusa in casa e chissà quando il Comune si adopererà per abbattere questa terribile barriera architettonica e permetterle di uscire, anche solo per fare una passeggiata o andare a trovare sua nipote.

«Siamo andati in Comune una marea di volte e nemmeno il reclamo del nostro legale ha mai ricevuto risposta – racconta Sabrina -. Questa rampa non è mai stata realizzata. Tre settimane fa ci dissero che la pratica era in piedi e che presto avrebbero mandato qualcuno. Non è mai venuto nessuno, nemmeno per fare il sopralluogo. Ogni volta – spiega – dobbiamo contattare associazioni esterne a pagare dai 70 ai 100 euro. La sola pensione di mia zia non basta più. Io, inoltre, devo chiedere il giorno di ferie a lavoro. Ma se poi non risolviamo niente, a che serve tutto questo? Solo per andare avanti e indietro dagli uffici del Comune? Non ce la facciamo più: mia zia è sequestrata in casa e questa cosa la distrugge psicologicamente. E questo, purtroppo, si somma alla sua grave disabilità» aggiunge Sabrina, che conclude: «Chiediamo al sindaco Decaro di intervenire e che faccia qualcosa. È passato più di un anno e mezzo e non è possibile che ancora niente si è mosso per realizzare una sola rampa».

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