Bancario leccese morto in carcere in Messico: la sentenza d’appello slitta al 12 dicembre

La sentenza del processo d’appello per la morte di Simone Renda, bancario leccese di 34 anni deceduto il 3 marzo del 2007 in una cella del carcere di Playa del Carmen in Messico durante le vacanze, slitta al 12 dicembre prossimo.

Stamattina davanti alla Corte d’assise d’appello di Lecce, presidente Teresa Liuni, hanno discusso i legali dei sei imputati. Si tratta del direttore e vicedirettore del carcere municipale di Playa del Carmen, del giudice qualificatore di turno, di due guardie carcerarie e del responsabile dell’ufficio ricezione del carcere. Tutti contumaci, condannati in primo grado nel gennaio 2017 a 138 anni complessivi di carcere con l’assoluzione invece per due guardie. Sono accusati di concorso in omicidio e violazione dell’articolo 1 della Convenzione Onu contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

La Procura generale ha chiesto la conferma delle pene inflitte assieme al legale della famiglia della vittima, mentre il collegio difensivo degli imputati ha chiesto l’assoluzione.

Simone Renda era stato arrestato il 1 marzo del 2007 per ubriachezza molesta e disturbo della quiete pubblica. Lo stesso giorno in cui sarebbe dovuto rientrare in Italia. Portato in cella nonostante il medico in servizio presso il carcere municipale avesse rilevato un grave stato clinico dovuto a ipertensione e un sospetto principio d’infarto, prescrivendo immediati accertamenti clinici in una struttura ospedaliera, il bancario leccese venne trattenuto in cella senza ricevere alcuna assistenza sanitaria. Senza ricevere acqua e senza cibo per 42 ore.

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