Banca popolare di Bari, supertestimoni in aula nel processo agli ex vertici Marco e Gianluca Jacobini

Affidamenti per milioni di euro in favore del gruppo Fusillo, senza passare dal Consiglio di amministrazione, ma decisi da un ristretto Comitato Crediti. Parla spedito Alberto Longo, ex presidente del collegio sindacale della Banca popolare di Bari, citato come testimone dell’accusa dalla Procura nel processo per agli ex vertici dell’istituto di credito pugliese: Gianluca e Marco Jacobini, nelle loro rispettive cariche di ex presidente ed ex condirettore generale, sono accusati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’attività di vigilanza di Bankitalia e Consob.

Nell’udienza di ieri, i pm Roberto Rossi, Savina Toscani, Federico Perrone Capano e Luisiana di Vittorio hanno ascoltato due supertestimoni: Longo e Luigi Jacobini, entrambi passati dall’iniziale condizione di imputati a quella di testi dell’accusa, proprio per la loro conoscenza diretta dei fatti avvenuti. Longo, dunque, si è soffermato su quello sconfinamento in favore di Fusillo, deciso da Gianluca Jacobini, Giorgio Papa e i funzionari Loperfido e Maggi, che avrebbero firmato gli affidamenti.

Luigi Jacobini, ex direttore finanziario, fratello di Gianluca, ha ricostruito come, dall’acquisizione di Tercas, è peggiorata la situazione già molto difficile che ha portato al commissariamento di Banca popolare di Bari nel 2019 e poi all’acquisizione da parte di Mediocredito centrale. «L’acquisizione di Tercas – ha spiegato – fu deliberata dal consiglio di amministrazione su input dell’amministratore delegato, Giorgio Papa, e poi seguita dalla Pianificazione controllo di gestione e dalla direzione Business, con a capo Gianluca Jacobini». Poi ha ribadito di essere stato estromesso dalle operazioni di aumento del capitale, e ha raccontato di aver più volte espresso il suo «disagio per l’impostazione dell’operazione» e di aver detto di «non voler essere coinvolto in un processo nel quale non potevo rappresentare un valore aggiunto». Estromissione che ha interessato anche la struttura contabilità, alla quale veniva chiesto solo di «presentare le tabelle del bilancio, che sono il minimo sindacale».

In sostanza, ha spiegato, «i vertici della Banca popolare di Bari hanno deciso l’aumento di capitale sociale a copertura del capitale, ormai ridotto a zero, di Tercas, operazione necessaria per consentire l’operatività ordinaria. Le operazioni furono effettuate nel 2013, 2014 e 2015», per un ammontare complessivo di 250 milioni di euro. Fra giugno e agosto 2018 «emersero le prime gravi criticità». E ancora, l’ispezione di Bankitalia: «Nel 2016 – ha ricordato – si concluse con un giudizio parzialmente negativo. Oltre al giudizio. ci fu consegnata una lettera a inizio 2017, definita “particolare”. Conteneva indicazioni su ciò che la banca avrebbe dovuto fare per rimuovere le criticità. Veniva chiesto il cambio della presidenza e quello della governance, oltre che l’avvicendamento di alcuni consiglieri».

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