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Aveva chiesto un prestito al clan Buscemi, ora è parte civile nel processo: «Basta nascondersi»

«Avevo una questione urgente, personale, da risolvere, la banca non mi avrebbe aiutato». Assiste defilato al processo, le sue parole sono tutte contenute nella richiesta di costituzione civile che l’avvocato Fabio Cassano ha depositato per suo conto contro il clan Buscemi, unico cittadino ad averci messo la faccia. Ora è dipendente di un’azienda privata, non…

«Avevo una questione urgente, personale, da risolvere, la banca non mi avrebbe aiutato». Assiste defilato al processo, le sue parole sono tutte contenute nella richiesta di costituzione civile che l’avvocato Fabio Cassano ha depositato per suo conto contro il clan Buscemi, unico cittadino ad averci messo la faccia. Ora è dipendente di un’azienda privata, non fa più il commercialista, a Valenzano ci torna solo per dormire. Ma nell’ottobre 2018 la sua situazione era molto diversa, e complicata.

«Ero amministratore di alcuni condomini, avevo conosciuto così Salvatore Buscemi – racconta – Ero in un momento di difficoltà economica, mi servivano 10mila euro entro un paio di giorni e allora chiesi a lui un prestito. Me li dette subito, con interessi del 144 per cento. Io pagavo regolarmente le rate, lui non mi ha mai minacciato, ma a un certo punto mi accorsi che non riuscivo più, glielo dissi e lui mi rispose di pagare la differenza ancora rimanente, senza interessi».

A un certo punto, racconta ancora, di Buscemi non ha più notizie, non lo incontra più nemmeno per caso: «Non sapevo fosse stato arrestato, non me ne sono accorto», spiega. Poi un giorno la convocazione dei carabinieri di Valenzano per la notifica di un atto. «È stato allora che ho aperto gli occhi – prosegue – Gli investigatori avevano trovato la contabilità della mia posizione a casa dei genitori di Buscemi, e mi hanno chiesto chiarimenti».

La telefonata al suo avvocato e la decisione, presa d’intesa con la famiglia e il legale, di presentare una denuncia, che è andata poi a integrare il materiale probatorio raccolto durante le indagini. «Quando ero in caserma, non sapevo neppure cosa provassi. Non ero felice, no, non mi sono sentito libero perché avevo quasi estinto il mio debito. Ero confuso, non sapevo che fare».

Dopo la denuncia è arrivata la decisione di costituirsi parte civile, unico privato a farlo, nel processo a Buscemi e la sua gang: «Sono stato spinto a farlo da chi mi sta vicino, sono consapevole del fatto che rappresenti un rischio, ma non ho mai avuto minacce finora». Del resto, «quello che chiedo sono briciole rispetto ai grossi importi che il clan avrebbe gestito, è difficile che si scomodino per così poco».

Su tutto una certezza: «Dovrebbero farlo tutti, è importante che non ci si nasconda, che si metta la faccia per far valere le proprie ragioni».

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