Falsi titoli di studio per accedere a concorsi o all’insegnamento: 9 arresti a Trani – VIDEO

Un titolo di studio falso per accedere a concorsi pubblici o lavorare nel mondo della scuola, soprattutto come insegnanti di sostegno, sarebbe costato fino a 8mila euro. A vendere i falsi diplomi sarebbe stata una società con sede a Trani che si sarebbe avvalsa di 55 “point” dislocati su tutto il territorio nazionale.

È quanto hanno scoperto i finanzieri del comando provinciale di Bari e della Bat nell’ambito dell’operazione che, stamattina, ha portato all’arresto di nove persone su richiesta della Procura della Repubblica di Trani e al sequestro di beni per circa 10 milioni di euro (“reinvestiti” nell’acquisto di beni mobili, tra cui una Maserati, e immobili opportunamente “schermati” dall’intestazione a persone giuridiche).

Gli arrestati sono indagati, con altre 30 persone, a vario titolo e in concorso tra di loro, per associazione per delinquere, truffa aggravata, falso materiale, corruzione e autoriciclaggio.

Stando a quanto emerso, gli indagati avrebbero messo in piedi un’organizzazione dedita al rilascio di titoli di studio e professionali falsi o privi di valore legale in Italia, emessi «da sedicenti enti universitari e da istituti scolastici di istruzione superiore paritari e scuole professionali dislocate in varie Regioni (Lazio, Lombardia, Calabria e Sicilia)», scrivono i finanzieri in una nota.

Sarebbero, inoltre, state costituite società di capitali all’estero – a Cipro, nel Regno Unito e in America Latina – che solo in apparenza sarebbero state abilitate al rilascio di titoli di studio “riconosciuti” anche in Italia.

Le truffe sarebbero state commesse utilizzato siti internet, pagine Facebook e profili WhatsApp per pubblicizzare l’attività e i percorsi di studio offerti, oltre che per “reclutare” potenziali clienti a cui venivano poi consegnate pergamene con loghi, certificazioni e traduzioni giurate contraffatte o false. Venivano rilasciati anche “certificati di equipollenza” falsi di atenei italiani (in particolare dall’Università Sapienza di Roma).

Le lezioni si sarebbero svolte su una piattaforma web appositamente creata, su cui era caricato anche il relativo materiale didattico – «di dubbia validità e veridicità», scrivono – e al termine dei vari corsi sarebbero stati distribuiti plichi contenenti le pergamene attestanti il conseguimento del titolo di studio. In alcuni casi la consegna è avvenuta nel corso di eventi organizzati in un hotel di Roma.

Dalle indagini è emerso, inoltre, che centinaia di richieste dei titoli universitari venivano inoltrate via pec al Ministero dell’Università e della Ricerca: erano prive di qualsiasi documentazione a supporto e avevano l’obiettivo di ottenere una ricevuta di protocollo.

A seguito di contrasti sorti a causa della spartizione dei profitti, gli indagati si sarebbero poi divisi in tre gruppi: il primo avrebbe offerto, nel territorio tranese, percorsi formativi professionali attraverso la costituzione di altre imprese e aggregandosi a nuovi soggetti; il secondo avrebbe costituito un nuovo “polo” a Foggia acquisendo le quote di un’università privata albanese (in questo contesto due degli indagati avrebbero corrotto un funzionario governativo albanese); il terzo, grazie anche al supporto di un avvocato di Reggio Calabria, avrebbe proposto ai corsisti truffati dal gruppo foggiano la consegna di una pergamena, creata ad hoc, in sostituzione di quella già ricevuta, dietro il pagamento di una somma oscillante tra i 500 e i 2.500 euro.

Ad aiutare gli investigatori sono stati diversi elementi tra cui le testimonianze di circa 50 clienti; le intercettazioni telefoniche e ambientali; la collaborazione del Mur, dell’università Sapienza e degli altri soggetti pubblici e privati richiamati nella documentazione che veniva illecitamente predisposta.

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