Andria, armi e linguaggio in codice per commettere furti e rapine: sei arresti – VIDEO

È di sei arresti l’esito dell’indagine “Raptor” condotta dai carabinieri del comando provinciale della Bat che ha portato, stamattina, all’esecuzione delle misure cautelari ad Andria.

Gli indagati, quattro finiti in carcere e due ai domiciliari, sono accusati di furti, rapine e riciclaggio di auto. Si tratta di Massimo Grillo di 51 anni, Nicola Sgaramella di 48 anni, Pietro Moschetta di 45 anni, dei 50enni Vincenzo Lombardi e Riccardo Zingaro e Giovanni Terlizzi di 39 anni.

Circa 50 i militari impegnati nel blitz di stamattina: si tratta di donne e uomini del comando provinciale della Bat supportati dallo squadrone eliportato carabinieri cacciatori Puglia, dai colleghi del sesto nucleo elicotteri e del nucleo cinofili di Modugno. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Trani.

Stando a quanto emerso dalle indagini gli arrestati, tutti andriesi, avrebbero costituito un’associazione a delinquere e, per commettere i furti, avrebbero utilizzato armi e inibitori di frequenze. Avrebbero colpito oltre che nella Bat anche a Matera e perfino a San Benedetto del Tronto.

I sei indagati avrebbero utilizzato un linguaggio criptico nelle loro conversazioni telefoniche e durante i sopralluoghi indicando le armi con il termine dialettale “scatt sciann” mentre i telefoni erano “toc toc” e le ricetrasmittenti “chiacchiaraul“. E ancora “cornut” veniva utilizzato per indicare gli inibitori di frequenza, “maciste” per il trattore stradale mentre “la gatta” era l’auto di grossa cilindrata utilizzata per recarsi sui luoghi dove venivano commessi i furti.

Tra gli episodi ricostruiti nel corso delle indagini ci sono una rapina commessa ai danni di un’azienda di trasporti di Andria, nel corso della quale è stato minacciato il custode della sede, tre furti di mezzi pesanti e macchine operatrici per un valore complessivo di 400mila euro circa e il riciclaggio di un trattore.

«Gruppo spregiudicato e organizzato»

«Abbiamo compiuto uno sforzo ciclopico di controllo del territorio per contrastare l’attività degli indagati che si sono rivelati un gruppo organizzato, spregiudicato e pronto a tutto per di portare a termine i furti e le rapine pianificate». Così, il comandante provinciale dei carabinieri di Barletta-Andria-Trani, il colonnello Massimiliano Galasso ha definito, nel corso della conferenza stampa a Trani, l’attività delle sei persone arrestate.

Una organizzazione retta da tre di loro che decidevano e pianificavano i furti e le rapine da compiere, gli altri invece avrebbero avuto compiti legati alla logistica oppure «erano vedette che avvisavano del possibile arrivo delle forze dell’ordine», ha spiegato il colonnello. L’indagine è durata tre mesi.

«Una refurtiva del valore di oltre 400mila euro che abbiamo recuperato», ha chiarito il maggiore Paolo Milici responsabile del Nucleo investigativo dei carabinieri Bat. «Tre le possibilità di uso dei mezzi rubati – ha puntualizzato Galasso – la restituzione alla vittima previo pagamento di una somma di denaro, la vendita su mercati paralleli e l’ultima consiste nell’incendiarli. Questi sono reati che incidono sull’economia legale perché togliere un mezzo d’opera a un’impresa vuol dire non solo bloccare la produzione ma anche perdita di posti di lavoro», ha sottolineato Galasso.

«Carabinieri feriti durante l’indagine»

I tre mesi di indagine dell’inchiesta Raptor sono stati «anche pericolosi per noi perché alcuni carabinieri, nel corso degli inseguimenti, sono rimasti feriti. Ecco perché chiediamo ai cittadini di collaborare perché non sempre vi è una fiducia nelle forze dell’ordine. Questa operazione dimostra che il fenomeno si può contrastare e sconfiggere», ha detto ancora Galasso.

«Le modalità di movimento sul territorio erano sofisticate: si tratta di un gruppo ben organizzato che si muoveva anche preventivamente con dei sopralluoghi senza mai lasciare qualcosa al caso. Hanno curato con attenzione anche le comunicazioni usando un linguaggio piuttosto criptico, che è stato poi decifrato dai militari del Nucleo investigativo», ha continuato il tenente colonnello Ferruccio Nardacci, al vertice del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri Bat.

L’inchiesta Raptor, coordinata dalla procura di Trani, ha evidenziato che il gruppo avrebbe usato «a ridosso delle azioni delittuose e dei preliminari sopralluoghi da compiere, reti telefoniche dedicate e apparecchi radio portatili», ha aggiunto il tenente colonnello.

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